Il piemontese e il francese: idiomi “fratelli coltelli”?
Suoni, assonanze e vocaboli nelle due parlate sovente mostrano sorprendenti similitudini, ma solo perché sono entrambe lingue romanze, apparentate tra loro con un’origine comune
Non pochi vocaboli della Lingua piemontese presentano analogie con i corrispondenti termini del lessico Francese: essendo in effetti queste similitudini non infrequenti, qualcuno potrebbe essere portato ad affermare che il piemontese non sia che una sorta di dialetto della lingua d’Oltralpe. A sostegno di questa tesi, da qualche tempo sul web circola un lungo elenco di termini piemontesi con l’equivalente versione francese accanto. Il confronto comparato è indubbiamente interessante dal punto di vista glottologico ed etimologico, ma occorre far attenzione a non cadere in grossolani equivoci.
Le similitudini del Piemontese con il Francese (come del resto con l’Italiano e con le altre lingue neo-latine) sono ovvie, essendo lingue nate dallo stesso ceppo. Le somiglianze sono ancor più marcate con il Franco-provenzale e con l’Occitano (che sono lingue romanze e sorelle del Piemontese), ma non mancano suoni e termini comuni (se proprio vogliamo andar per il sottile) anche con il Lombardo, il Ligure e l’Emiliano. Se con questo elenco si vuole far passare il concetto che il Piemontese sia una sorta di dialetto francese, beh, siamo fuori strada! Sono lingue che certamente hanno dei punti di contatto, e termini simili, ma ciò non significa che il Piemontese sia un dialetto del Francese (in effetti non lo é neppure dell’Italiano né di qualsiasi altro idioma), ovvero che si tratti di una lingua di serie B, subordinata ad un’altra giudicata di rango superiore (di serie A), di cui la prima è devianza o scarto. E poi, a chi sostiene che molti termini piemontesi “derivino” dal Francese (ovvero che sono dei francesismi), rispondo che quegli stessi termini, nella variante d’Oltralpe, potrebbero essere dei “piemontesismi” entrati nella parlata francese e francesizzati.
In altre parole, mi preme sottolineare che se nel lessico di una lingua (es.: lingua “B”, meno diffusa) siano presenti termini simili a quelli del lessico di un’altra lingua (lingua “A”, più diffusa) questo non è affatto un motivo, nè valido nè sufficiente, per affermare che la lingua “B” sia un dialetto della lingua “A”.
E anche se ciò fosse (per ipotesi) attendibile, sarebbe comunque sostenibile, assurdo per assurdo, anche l’ipotesi opposta: e cioè che sia l’altra lingua, la “A”, pur essendo dominante, ad essere un dialetto della “B”. In ogni caso non è la maggior diffusione di una lingua a renderla più “nobile” di una lingua parlata da una cerchia più ristretta di persone. Ci mancherebbe!
Per concludere: la similitudine dei termini è normale tra lingue dello stesso ceppo (tedesco, danese, olandese, ecc.; russo, sloveno, ucraino, ecc.): ciò conferma la parentela tra quelle lingue, ma non ne mette in discussione la “indipendenza”. Cioè non si può considerare l’una vassalla dell’altra, o viceversa. Almeno in un regime di libertà e democrazia.
Cerea nèh!
Sergio Donna