Il “Verde” e il “Rosso”: gli storici cocktail del Caffè Zucca di Via Roma
Nel rispetto dell’antica ricetta della Casa, ora i due aperitivi simbolo della “Torino da bere” sono nuovamente serviti negli accoglienti locali di Via Gramsci
In ogni città, i negozi e i locali del commercio tradizionale, intendo quelli gestiti direttamente da piccoli imprenditori commerciali, difficilmente si tramandano oltre alla terza generazione. Questo perché chi li aveva aperti con entusiasmo e intraprendenza, inevitabilmente invecchia, e nel passaggio di mano a figli e nipoti non sempre quel fervente spirito pionieristico che aveva animato i fondatori rimane inalterato. E poi non è mica detto che figli e nipoti intendano sempre seguire le orme dei loro genitori e dei loro nonni. Oppure, nel caso di cessione di un’attività, non è detto che chi subentra come titolare riesca a gestire l’azienda con lo stesso successo di chi lo ha preceduto. Funzionava così ai tempi di un commercio (che oggi ci appare quasi romantico) ancora legato alla gestione familiare e al territorio, con un rapporto diretto e fiduciario tra negoziante e cliente. A partire dagli Anni Novanta del Novecento, dapprima in modo graduale, e poi in modo sempre più vorticoso, al commercio tradizionale di vicinato si è affiancata in maniera spesso aggressiva e arrogante, la Grande Distribuzione, che con prezzi più concorrenziali (privando però il cliente del plusvalore del rapporto umano e del consiglio diretto) ha gradualmente stroncato il commercio d’antan, che con la massiccia presenza delle vendite on line, ha subito un ulteriore contraccolpo talora letale. Così che molti locali sono stati costretti a chiudere i battenti, e non solo per la mancanza di un adeguato ricambio generazionale.
Quei negozi, quei locali, erano un punto di riferimento per la cittadinanza di un quartiere. Tutti sapevano dove esattamente si trovavano: gli amici e gli innamorati si davano appuntamento davanti alle loro vetrine. E se erano locali del Centro, era lì che ci si ritrovava per sorbire un caffè in compagnia, per consumare un gelato, per centellinare un aperitivo o un pasticcino, per brindare a un successo o per scambiarsi confidenze. Erano degli autentici “punti cospicui” della città: erano “luoghi” di incontro per approfondire conoscenze, amicizie, consolidare amori e stringere affari.
Uno di questi luoghi magnetici era sicuramente il Caffè Zucca di Via Roma. Uso l’imperfetto perché il Caffè Zucca, che ancora esiste in verità, non è più in quel luogo magico e magnetico che i Torinesi più anziani sicuramente ricorderanno.
Ricorderanno il garbo sabaudo e il sorriso gentile dei barman dietro al bancone del bar: come Giuseppe Nobile, ad esempio. Oppure ricorderanno il savoir faire della cassiera. Il saluto amichevole della signora Fiorenza, per tutti “madama Zucca” (braidese, che riconosceva con un innato sesto senso i torinesi doc e li salutava con un caloroso cerea!), l’estro della ragazza addetta ai tramezzini, dal colorito rosato e dalle gote cicciottelle, che te li farciva sul momento suggerendoti questo o quell’altro ripieno e ti faceva venir l’acquolina in bocca prima ancora che te li porgesse, pronti alla degustazione. Ci si poteva sedere ai tavoli sistemati sotto il portico, davanti alle vetrine di Via Roma: caffè e cappuccini con brioches d’alta pasticceria, opera del maestro pasticciere Franco Sinagra. Oppure gli aperitivi, con le tartine al mascarpone, granella di noci e scaglie di tartufo. Per i più golosi, i deliziosi marrons glacés con la glassa zuccherina stillante come giada liquefatta.
Ma come abbiamo scritto all’inizio di questo capitolo, può succedere che raggiunta l’età della pensione, i gestori di un locale si ritirino a vita privata, e non trovino più chi sia intenzionato a rilevare adeguatamente l’attività, e allora non resta che chiudere. Oppure che ti arrivi come una tegola in testa, uno sfratto. E anche in questo caso non ce n’è per nessuno.
Era un caldo mese di Luglio del 2000 quando il Caffè Zucca chiuse i battenti: “L’ultimo sorso di caffè ha il sapore amarognolo d’una lacrima ricacciata in gola”, scriveva la cronista Stefania Miretti su La Stampa nel suo reportage, il giorno seguente. Il locale venne rilevato dapprima da un Negozio di occhiali e poi dalla catena spagnola Zara, per aprirvi un reparto dedicato alla casa (oggetti di arredo, coperte, lampade, cuscini, lenzuola, cornici e così via). Passarono quasi cinque lustri e finalmente, il 18 Settembre 2013, con nuovi proprietari, Zucca riaprì i battenti al 10 di Via Gramsci. A gestire il locale è ora la famiglia Damilano (proprietaria dell’omonima azienda vinicola di Barolo, delle acque minerali Sparea e Valmora, dello storico Pastificio Defilippis e del Ristorante Rural) che ottenne dalla Illva Saronno S.p.A, proprietaria dello storico marchio Rabarbaro Zucca, la concessione all’utilizzo del brand.
Il locale (che ha preso il posto della storica Gelateria Gramsci, in gran voga negli anni Sessanta e Settanta), a dire il vero, non è molto lontano dalla Sede storica dell’antico Caffè Zucca: è arredato in modo elegante e moderno al tempo stesso (il pavimento è in palquet e gli arredi sono in legno anilinato chiaro), e dispone di una raccolta Sala al primo piano. La cucina del Ristorante è affidata agli chef del Ristorante Rural.
Per quanto attiene al servizio di caffetteria, proprio come in Via Roma, qui si servono con la grazia di un tempo caffè e cappuccini, spesso accompagnati da pasticcini mignon, cannoli alla crema e zabaione, tortine di mele e di noci, ed altre specialità di pasticceria prodotte nel Laboratorio interno; un dehors riscaldato con lampade a gas permette di sedersi all’esterno del locale anche nei mesi più freddi.
Ottimo e particolare è il tradizionale Caffè Maison (a base di caffè, panna e crema alla nocciola). Tra gli aperitivi più gettonati, oltre agli “Americani” e ai “Negroni”, ci sono gli esclusivi Cocktail Verde e Cocktail Rosso, dei quali sono state mantenute e riproposte le antiche ricette.
Sono passati cento anni: dagli Anni Venti del Novecento agli Anni Venti del Duemila, il Caffè Zucca continua a conquistare i palati e i cuori dei Torinesi e dei turisti che da qualche anno hanno scoperto le bellezze e le squisitezze del capoluogo subalpino.
Sergio Donna