Isa Bluette, l’operaia torinese che rivoluzionò il mondo della rivista
TORINO. Entrando nel Cimitero monumentale di Torino, passando per l’area più antica, che è denominata Campo Primitivo, lungo un viale alberato, dopo pochi passi, si incontra una tomba su cui spicca il bassorilievo in marmo bianco di una ballerina con le braccia alzate con leggerezza e grazia. È l’ultima dimora di Isa Bluette, nome d’arte della nostra concittadina Teresa Ferrero, una delle dive italiane più celebri degli anni Venti e Trenta del Novecento. Una bella figura schiettamente torinese non che merita di essere dimenticata.
Teresa Ferrero nasce a Torino il 10 settembre del 1898 nel quartiere allora periferico e operaio del Regio Parco. La sua infanzia è quella dei ragazzi del suo rione, con giochi semplici e corse nei cortili dei casermoni popolari in una zona che confinava ancora con la campagna. Nata in una famiglia povera ma dignitosa, raggiunta l’età giusta è assunta dalla Regia Manifattura Tabacchi del Regio Parco, allora di grande rilievo cittadino e nazionale, aveva circa 2000 dipendenti, per la maggior parte donne. Ma il destino di Teresa, che ha una forte personalità, non è quello delle tote sue coetanee, cioè un posto di lavoro sicuro in fabbrica e poi un buon matrimonio. La Regia Manifattura non fa per lei e per le sue aspirazioni, conscia delle sue doti naturali e potenzialità ambisce a una carriera nel varietà, si licenzia da un lavoro allora “sicuro” e imbocca con audacia una strada costellata di incognite.
L’Europa del primo dopoguerra vive gli ultimi bagliori della Belle Époque e chi è sopravvissuto alla tragedia della Prima Guerra Mondiale vuole divertirsi e scordare il recente conflitto, cerca di vivere all’insegna della spensieratezza in quel crogiolo di sogni che sono tutti i dopoguerra. Teresa, non è alta di statura, ma è bella e sensuale con una voce melodiosa che ha coltivato da sola esercitandosi con i brani delle operette più famose viste a teatro, genere allora di gran voga. Con tenacia e coraggio esordisce nei café-chantant torinesi, allora porta d’ingresso per arrivare ai teatri cittadini.
Di non comune intelligenza pratica capisce quasi subito che deve usare un nome d’arte ispirato a Parigi, allora tempio del varietà e della bella vita. Diventa così la fascinosa e sofisticata Isa Bluette. Dalla “Ville Lumiere” oltre al nome d’arte porta a Torino le piume, che avrebbero poi avrebbero caratterizzato le riviste dei decenni successivi. Porta anche il format rinnovato della rivista, con la soubrette accompagnata da uomini in smoking, insieme a uno spettacolo sfarzoso e luminoso per costumi e trovate scenografiche. Bella, aggraziata, con una voce elegante e melodiosa, affascinava e faceva sospirare gli spettatori e affascinava le spettatrici. Nel grande successo dei suoi spettacoli che alternavano danza, canto a intermezzi comici, lanciò Erminio Macario (1925) e il giovanissimo Totò (1928), due maestri della comicità italiana che avrebbero poi lasciato una traccia indelebile nel mondo dello spettacolo italiano
Giunta ai vertici dello spettacolo italiano, Isa non si stanca mai di innovare e di proporre novità, è la prima a portare in Italia la passerella, che permetteva al pubblico di vedere da vicino chi danzava sul palcoscenico. Idea che si diffonderà a tutto il mondo della rivista e poi Wanda Osiris ne farà la chiave del proprio successo. Nel 1926 Isa porta alla notorietà la canzone “Creola” di Ripp (Luigi Miaglia), a lei dedicata, purtroppo vi sono poche registrazioni della sue esecuzioni e non sono mai state incise raccolte delle canzoni del suo repertorio. Negli anni Trenta si dedica prevalentemente all’operetta, riscuotendo sempre il favore di un pubblico che continua ad amarla senza riserve.
Nonostante il successo e le schiere di pretendenti, di Isa Bluette non si conoscono amori o relazioni segrete con chicchessia, si nega decisamente agli spasimanti più insistenti, tiene un comportamento riservato classicamente torinese. La sua vita privata cambia quando s’imbatte nel suo unico grande amore e compagno di vita, il milanese Nuto Navarrini, anche lui valente uomo di spettacolo con il quale condivide gli ultimi anni di gloria sui palcoscenici. Isa Bluette muore di tisi all’apice del suo successo all’età di 41 anni, conclude i suoi giorni in un letto dell’ospedale Molinette. È l’11 novembre 1939 e poco prima di spirare, sposa Nuto Navarrini, il solo che abbia amato, profondamente ricambiata da lui. In migliaia partecipano al suo funerale, la salma è vestita d’azzurro e cinta con una ghirlanda di fiordalisi, i suoi fiori preferiti. La folla invade via Principi D’Acaja, dove abitava e via Le Chiuse, il vicino tratto di via Cibrario e le strade adiacenti, seguendo il feretro verso la chiesa di San Donato
Finito il suo tempo e tramontato il genere di cui fu regina indiscussa, la rivista, Isa Bluette è tra coloro che sono stati dimenticati senza una plausibile ragione, malgrado l’enorme contributo da dato all’arte teatrale. Mentre il varietà era in crisi, lei rivoluzionò la rivista, a cominciare dal profilo coreografico, alle gag e alle canzoni contrapponeva balletti sensuali che prima di allora mai visti. Nel suo campo fu un vero pioniere, che modificò fogge, mode e cliché del suo tempo.
Teresa Ferrero è stata dimenticata anche da Torino, nonostante sia stata, nella prima metà del Novecento una delle donne più ammirate e famose d’Italia, la sua città non le ha mai dedicato un teatro, un monumento o una via. Tornando alla sua tomba nel cimitero di Torino, è ancora oggi ben tenuta, con fiori finti sempre rinnovati, con lei è sepolto il suo grande unico amore Nuto Navarrini. Una curiosità per concludere, nella targa esplicativa posta dal Comune a lato della tomba, per ricordare le tombe di illustri personaggi, al termine del testo è citato Nuto Navarrini ma non nel titolo.
Nuto morì nel 1973, dopo una ancora lunga e prestigiosa carriera in teatro e anche televisione, ma da molti non gli fu mai perdonato che aderì alla Repubblica Sociale e organizzò spettacoli di propaganda, assolto nei tribunali dalle accuse di collaborazionismo, gli rimase addosso l’etichetta di “comico del regime”. Forse per questo il suo nome è scritto ancora oggi in così piccoli caratteri…