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Itinerario a Bosco Marengo, nell’Alessandrino, dove nacque San Pio V

BOSCO MARENGO. Nella placida campagna alessandrina, tra estesi campi coltivati e prati, si adagia il paese di Bosco Marengo, che nel 1504 diede i natali all’unico Papa piemontese, San Pio V, al secolo Antonio (Michele) Ghislieri. Papa Pio V lega la propria fama imperitura, oltre che alla promulgazione del nuovo Messale Romano (detto appunto di San Pio V), alla battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571, combattuta e vinta dai principi difensori della Cristianità contro la flotta ottomana per frenare l’espansione della Sublime Porta verso il Mediterraneo occidentale.

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Il monumento a San Pio V nella piazza centrale di Bosco Marengo.

Nel piccolo comune alessandrino, tutto ruota attorno alla memoria di San Pio V, benefattore degli abitanti di Bosco. Così si chiamava l’abitato prima del 12 febbraio 1863 quando un regio decreto stabilì di aggiungere al toponimo originario, Bosco, l’appellativo Marengo, opzione che prevalse sulla proposta alternativa di Bosco Manlio – probabilmente dal nome di Manlio da Lugo, indicato da una tradizione (non verificata) come fondatore alla fine del V secolo del nucleo embrionale di Bosco, per volontà di Teodorico re degli Ostrogoti – e su quelle di Bosco Verde e Bosco Ghislieri.

Mentre l’appellativo aggiunto, Marengo, allude alla tribù celto-ligure dei Marici, che era stanziata in queste zone prima dell’avvento dei Romani, il toponimo “Bosco” è collegato alla Selva d’Orba, vasta area forestale estesa al confine tra Acqui e Tortona (Romeo Pavoni). Va menzionata anche l’ipotesi, riportata in alcune fonti, che esistesse nel territorio di Bosco Marengo un piccolo agglomerato di case, denominato Media Silva, e una stazione per il cambio dei cavalli al servizio di coloro che percorrevano la Via Aemilia Scauri, strada romana tracciata nel 109 a.C. per collegare Vada Sabatia (Vado Ligure) a Derthona (Tortona),

Tra l’XI e il XII secolo, la località di Bosco venne scelta come sede principale di residenza dai marchesi del Bosco, uno dei sette rami marchionali derivati dal ceppo di Aleramo, che ottennero il controllo, per vie matrimoniali ed ereditarie, della parte orientale dei Comitati di Savona e di Acqui e di alcuni luoghi di quello di Tortona.

Nel 1447 il territorio di Bosco tornò sul palcoscenico della grande storia in quanto fu teatro di un importante scontro militare, conosciuto come la battaglia di Bosco Marengo, che vide contrapporsi l’esercito francese e le truppe dell’Aurea Repubblica Ambrosiana – entità politica che aveva provvisoriamente preso il posto della signoria viscontea – queste ultime condotte da Bartolomeo Colleoni. Fu in questa occasione che il Colleoni, tra i più celebri capitani di ventura del Rinascimento, ottenne la sua prima grande vittoria personale, di cui si diffuse la fama anche all’estero, “havendone egli acquistato nobilissimo titolo d’haver in giusta battaglia, debellato, et vinto una nation superbissima, et per terribilità et fierezza di quei tempi tremenda” (Pietro Spino).

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Il complesso monumentale di Santa Croce.

La vera svolta nel destino del comune di Bosco avvenne, però, nel 1566, quando il cardinale boschese Antonio (Michele) Ghislieri ascese al soglio pontificio con il nome di Pio V, esercitando una notevole influenza, da allora in avanti, sulle sorti della piccola comunità, sia attraverso il finanziamento di opere monumentali, come il complesso conventuale di Santa Croce, sia con il sostegno ad opere caritatevoli e di utilità sociale, come l’istituzione del monte frumentario (per la distribuzione ai contadini poveri del grano e dell’orzo necessari per la semina), il riscatto dei diritti d’acqua per l’irrigazione, l’assunzione di un medico e di un maestro da porre al servizio della comunità.

Sempre nel 1566, come si legge sul sito internet ufficiale del comune di Bosco Marengo, il paese di Bosco venne dichiarato “Terra Insigne” da Filippo II re di Spagna, che accordò speciali privilegi. A quel tempo, il territorio alessandrino si trovava, infatti, sotto il dominio della corona di Spagna, prima di essere definitivamente annesso nel 1713 al ducato di Savoia, poi regno di Sardegna.

Principale monumento di Bosco Marengo è, senza dubbio, il già citato complesso conventuale domenicano di Santa Croce, voluto da papa Pio V, che, pur avendo già concepito l’idea in precedenza, ne avviò il cantiere nel 1566 su un’area poco fuori le mura del paese, tra gli insediamenti di Bosco e Frugarolo, che, nelle intenzioni del fondatore, si sarebbero dovuti fondere in un unico centro abitato, molto più ampio, con il convento di Santa Croce come perno centrale. L’ambizioso progetto urbanistico non vide mai la luce e rimase, così, come unica ma grandiosa testimonianza, il complesso di Santa Croce, che si presenta, per varie ragioni, come un unicum nel panorama piemontese.

L’edificio venne concepito da Pio V come convento e luogo di formazione dei giovani domenicani, ma anche come monumento-simbolo, sentinella e baluardo di una Cattolicità vittoriosa contro le eresie e il mondo musulmano, e come sede del suo mausoleo. Il complesso si articola attorno a tre spazi aperti: il chiostro piccolo o “chiostro dei morti”, con il refettorio e la sala capitolare; il chiostro grande o “chiostro della cisterna” (per la presenza di una grande cisterna sotterranea per la raccolta dell’acqua), con gli spazi destinati ai novizi; il cortile rettangolare, su cui affacciano la foresteria e gli appartamenti privati del fondatore. Al primo piano, si trova uno degli ambienti più ammirati, la biblioteca, ampio spazio organizzato su tre navate divise da colonne tuscaniche che si richiama al modello protorinascimentale della “Libreria” del convento di San Marco a Firenze.  

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La facciata della chiesa di Santa Croce.

Secondo una versione consolidata, la progettazione del complesso conventuale venne affidata al perugino Egnazio Danti, domenicano, cosmografo, matematico e architetto, che concepì un edificio di gusto manierista, ideato e realizzato con il concorso di architetti e artisti in prevalenza di formazione tosco-romana e con il supporto di maestranze in gran parte provenienti dall’area luganese. Recenti studi hanno, però, ridimensionato il ruolo di Danti, evidenziando il contributo di altre personalità, sempre legate agli ambienti pontifici, come il fiorentino Giovanni Lippi e Giacomo della Porta.

La chiesa di Santa Croce, a croce latina e unica navata, con dieci cappelle laterali comunicanti, rispecchia nella sua conformazione gli orientamenti ideologici della Controriforma. Dopo la morte di Pio V, avvenuta nel 1572, il cantiere venne proseguito dal nipote, il cardinale Michele Bonelli.

All’interno della chiesa, nel lato destro del transetto, si trova il Mausoleo di San Pio V che, secondo le disposizioni del Ghislieri, avrebbe dovuto accogliere la sue spoglie mortali, ma le ultime volontà del Papa boschese non furono rispettate e la sua salma, per volontà del successore, venne collocata nella basilica romana di Santa Maria Maggiore, nel sepolcreto fatto appositamente realizzare da Domenico Fontana.

L’altare maggiore di Santa Croce, come anche altre parti che hanno subito alterazioni nel tempo, non si presenta più com’era in origine: infatti, la grande struttura lignea, nota come “macchina vasariana”, che era stata commissionata da San Pio V al toscano Giorgio Vasari, artista poliedrico, venne smantellata nel 1710, per essere sostituita dall’attuale altare in marmo opera di Gaetano Quadro.

La grande pala del Martirio di San Pietro da Verona e le altre tavole dipinte che componevano la macchina vasariana non sono, però, andate disperse e possono essere ammirate nel percorso di visita del Museo di Santa Croce, di cui costituiscono il nucleo principale. Solo la pala con il Giudizio Universale è rimasta nella chiesa, al fondo dell’abside.

Sempre di Giorgio Vasari è la grande pala d’altare sul tema dell’Adorazione dei Magi, eseguita tra il 1566 e il 1567 e visibile all’interno della chiesa di Santa Croce, che conserva anche due tele del piemontese Guglielmo Caccia detto il Moncalvo e un notevole arredo ligneo realizzato da abili ebanisti.

Terminata la visita del complesso conventuale, spostiamoci nel cuore dell’abitato di Bosco Marengo, per ammirare un’altra insigne architettura ecclesiastica, la chiesa parrocchiale dei santi Pietro e Pantaleone, dove nel 1504 Antonio Ghislieri ricevette il Battesimo. Di remota origine (forse X secolo), venne ristrutturata e ampliata in forme gotiche nel XIII secolo e, in seguito, più volte rimaneggiata.

L’intervento più significativo è dovuto, però, alla committenza del cardinale Bonelli, pronipote di San Pio V, che dopo il 1573 volle modificare l’orientamento della chiesa, per dare seguito alla volontà già manifestata dall’illustre zio, facendo demolire l’antica abside e realizzando, al suo posto, l’attuale facciata (ricostruita tra Ottocento e primo Novecento), per consentire l’ingresso diretto dei fedeli dal borgo. Il poderoso campanile, di grande eleganza, appartiene al periodo medievale.

Al centro della piazza prospiciente la chiesa, campeggia un’imponente statua di San Pio V che è la replica fedele, nella parte in bronzo, dell’originale in marmo posto nella basilica romana di Santa Maria Maggiore ed eseguito da Leonardo da Sarzana nel 1596. Voluto dal cardinale Pio Tommaso Boggiani, il monumento boschese venne inaugurato nel 1936.

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Veduta della chiesa parrocchiale dei santi Pietro e Pantaleone.

Per completare questo breve tour alla scoperta di Bosco Marengo, sulle orme di papa Ghislieri, suggeriamo una visita alla casa natale di San Pio V, da lui abitata dalla nascita fino al 1518, quando entrò in convento a Voghera con il nome di fra Michele dal Bosco. Il prevosto Gian Domenico Gatti nelle sue “Memorie storiche riguardanti l’insigne terra del Bosco” redatte intorno alla metà del Seicento, indica come casa natale di San Pio V, all’epoca ancora abitata dai discendenti della famiglia del pontefice, quella “lungo la strada maestra che metteva alla Porta di Piazza Nuova, sull’angolo della salita di Castelvecchio”. Ristrutturata nel 1936, in occasione della posa del monumento a San Pio V, la casa-museo accoglie nelle stanze interne una notevole collezione di cimeli, reliquie, memorie e suppellettili.

Paolo Barosso

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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