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La Cattedrale di Acqui Terme e il Retablo della Madonna di Monserrat

ACQUI TERME. La città di Acqui oltre ad essere rinomata per le acque termali e la sorgente “La Bollente”, è sede vescovile (1) dal IV secolo: San Maggiorino (2), primo vescovo della città, è un nome sospeso fra storia e leggenda. Attraversate le vie centrali, si arriva alla Cattedrale di Santa Maria Assunta, in posizione sopraelevata rispetto all’abitato; di essa colpisce la somiglianza con altri due complessi religiosi della zona, Santa Giustina a Sezzadio e San Remigio a Rivalta Bormida. Questa “fabbrica del duomo” (appellativo appropriato, in quanto le vicende della sua costruzione e le successive ristrutturazioni si protrarranno per secoli) è iniziata dal vescovo Primo (991 – 1019), a partire dalla cripta, nell’epoca in cui i vescovi assumono il potere temporale su Acqui. Il successivo vescovo Dudone (1023 – 1033) vi aggiunge il Collegio dei Canonici, documentato dal 1042. Il suo successore Guido (poi santificato) completa e consacra Santa Maria Assunta nel 1067: la data appare su un mosaico rinvenuto nel 1845 sotto il pavimento del presbiterio, poi trasportato al Museo Civico d’Arte Moderna di Torino. Dietro le absidi della cattedrale era collocato il cimitero, nei pressi il campanile romanico, sostituito nel 1479 da quello che vediamo oggi. Più in alto si ergeva il castello vescovile, residenza episcopale fino al 1258, che poi diviene una delle abitazioni utilizzate dai Marchesi del Monferrato. Sul lato meridionale, troviamo il chiostro e le abitazioni dei canonici, risalenti al XV secolo.

Il Rinascimento è un periodo di profondo cambiamento per la cattedrale: proprio tra la fine del XV e il XVI secolo vengono rinnovate alcune cappelle gentilizie, ricostruiti l’altar maggiore e quelli delle due absidi laterali; a fine Cinquecento il vescovo Francesco dei Conti di San Giorgio di Biandrate (3) fa intonacare l’interno, in origine realizzato in pietra a vista. Le volte della navata centrale, rifatte nel Settecento, presentano una chiave di volta con il vescovo San Guido che tiene in mano la città. Durante l’episcopato di Carlo Luigi Buronzo del Signore (4) si inizia la costruzione di nuove cappelle dalla parte del chiostro, del quale viene demolito il lato meridionale.

Percorrendo l’interno della chiesa, possiamo scoprire alcune curiosità e un capolavoro dell’arte.

La Cappella del Crocifisso (già dedicata a San Girolamo) presenta all’altare un Crocifisso in avorio ricavato da un’unica zanna di elefante; la Cappella di San Carlo Borromeo, voluta dal citato vescovo Buronzo e terminata sotto il vescovo Carlo Giuseppe Sappa, testimonia una antica devozione degli acquesi per la figura del santo, della nobile famiglia Borromeo, originario del Novarese.

La Sacrestia dei Cappellani conserva un imponente arredo ligneo settecentesco; la attigua Sala del Capitolo è un raffinato esempio di barocco piemontese, opera del maestro Silvestro De Silvestri (1734). Quest’ultimo ambiente contiene tre gioielli artistici: la Annunciazione, del genovese Valerio Castello; la tavola con San Giuda e i quattro dottori della chiesa, di scuola lombarda del 1496; il Retablo della Madonna di Montserrat, un capolavoro dello spagnolo Bartolomé Bermejo (5), che in latino si firmava Bartolomeus Rubeus; l’opera viene commissionata nel 1480, a Valencia, da Francesco Della Chiesa, commerciante acquese residente in Spagna, per essere collocata nella cappella di famiglia che intendeva farsi erigere, là dove era emigrato.

Anche all’occhio meno esperto si svela capolavoro: la tavola centrale raffigura “La Vergine di Montserrat con il Bambino e il donatore”. Le ante mostrano quattro scene religiose: Nascita della Vergine (in alto a sinistra), San Francesco che riceve le stimmate (in basso a sinistra), Purificazione (in alto a destra), San Sebastiano (in basso a destra), effigiato come un pellegrino con le frecce in mano. La parte esterna delle ante, visibile solo quando vengono chiuse, è una delicata Annunciazione. Si è ipotizzato che l’artista si sia recato nelle Fiandre per studiare a fondo la tecnica della pittura ad olio, che ha poi declinato con un gusto tipicamente spagnoleggiante.

Con gli occhi colmi di bellezza, proseguo nella visita del complesso. Nel braccio sinistro del transetto, la Cappella di San Guido (6) conserva l’urna con le spoglie mortali del santo patrono. La cripta è un ampio e suggestivo ambiente, sottostante a tutto il transetto: una “foresta” di colonnine (ben novantotto!) riporta al clima della chiesa primitiva.

In cattedrale riposa anche monsignor Livio Maritano (7), vescovo ausiliare di Torino dal 1968 al 1979 e poi vescovo di Acqui Terme dal 1979 al 2001, con il motto “Jesus spes nostra”. Ho ricevuto da lui il sacramento della Cresima, nella moderna chiesa di San Giulio d’Orta in Torino, questo lontano ricordo personale mi regala un attimo di commozione. Di fronte alla sua tomba mi viene da pensare a S. Ambrogio che, da vescovo di Milano, decide di porre le reliquie dei Santi Gervasio e Protasio sotto un altare, affermando l’importanza delle reliquie e il legame tra il luogo del sacrificio e la sepoltura vescovile: “Queste vittime trionfali – scrive Ambrogio – si avanzano verso il luogo dove Cristo è offerta sacrificale. Ma Egli, che è morto per tutti, sta sull’altare; questi, che sono stati riscattati dalla sua Passione, staranno sotto l’altare. Questo posto io avevo scelto per me, perché è giusto che un vescovo riposi dove era solito offrire il sacrificio, ma a queste vittime sacre cedo la parte destra: questo luogo era dovuto ai martiri”.

La Chiesa cattolica, ancora oggi, permette ai vescovi di essere sepolti nella chiesa madre dove hanno svolto il loro ministero episcopale.

Esco dalla chiesa, nel chiostro ritrovo un ambiente altrettanto suggestivo, in bilico fra il gotico e il rinascimentale, terminato nel 1495 sotto il vescovo Costantino Marenco.

Con tante suggestioni nel cuore, consiglio ai “turisti di un giorno” ad Acqui Terme la visita della Cattedrale di Nostra Signora Assunta, che può diventare un momento di pausa e un viaggio dello spirito all’interno del viaggio attraverso questa città della provincia alessandrina.

Ezio Marinoni

Note

(1) La Diocesi di Acqui nasce nel 323 per volontà di Papa Silvestro I.
(2) Maggiorino è il proto-vescovo della chiesa acquese (Maggiorino o Maiorano, o Malerino). Vive nel IV secolo; l’antica tradizione che lo vuole primo vescovo di Acqui Terme era attestata da una pergamena risalente all’XI secolo, prezioso cimelio del Capitolo della Cattedrale oggi scomparso.
(3) Francesco dei Conti di San Giorgio di Biandrate, dopo una carriera amministrativa e militare, è nominato da Papa Sisto V Vescovo di Acqui nel 1585; riorganizza la diocesi secondo i dettami del Concilio di Trento, disciplina abbazie e conventi; crea un Monte di Pietà regolato secondo le normative di Pio V. Nel 1603 viene trasferito da Acqui a Faenza dove muore nel 1605 e viene sepolto in quella Cattedrale.
(4) Carlo Luigi Buronzo del Signore (1785 – 1791), di origini vercellesi, nel 1779 diviene vicario generale del cardinale Filippo della Martiniana, vescovo di Vercelli; è chiamato a ricoprire la sede episcopale di Acqui (designato dal Re di Sardegna il 20 settembre 1784); in seguito sarà vescovo di Novara (designazione del Re del 10 agosto 1791, conferma pontificia del 26 settembre), ove già si distingue come difensore delle posizioni conservatrici pre-napoleoniche.
(5) Bartolomé Bermejo, pseudonimo di Bartolomé de Cárdenas (Cordova, c. 1440 – Barcellona, c. 1500). Non si hanno molte notizie sulla sua vita, tranne quelle sulla sua nascita e sulla sua origine andalusa e nobile giustificata dal cognome. La prima documentazione scritta sulle sue opere risale al 1468.
(6) Guido, nato nel 1005, è Vescovo dal 1034 al 1070, in origine conte del Castello di Melazzo.
(7) Livio Maritano (Giaveno, 28 agosto 1925 – Torino, 6 maggio 2014) è nominato vescovo di Acqui il 30 giugno 1979, ne celebra il sinodo diocesano. Dimessosi il 9 dicembre 2000 per raggiunti limiti d’età, sarà vescovo emerito. È stato il promotore della causa di beatificazione di Chiara Luce Badano, beatificata a Roma il 25 settembre 2010.

Ezio Marinoni

Ezio Marinoni (Torino, 1962), dal 2018 è iscritto all’Albo dei Giornalisti del Piemonte. Ha collaborato al trimestrale Plus Magazine con la rubrica “Emozioni tra arte cinema e libri” e con la testata Agenda Domani. Attualmente è collaboratore del blog ligure Trucioli e redattore della testata on-line Civico20News, su temi di arte, storia e territorio. Una sua silloge poetica è compresa nel III volume della “Storia della Letteratura Piemontese”, curata da Camillo Brero (Piemonte in Bancarella, 1981) È autore delle seguenti opere: Il libro e l’affresco di Elva (Edizioni Mille, 2019) - Una vita di versi (Crearte, 2020) - Elva. Il mio sguardo (Edizioni Mille, 2022) - Torino bianca e noir (Graphot, 2023) con Milo Julini - Racconti ritrovati (2023).

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