La domus romana, antica testimonianza ad Asti dell’Impero
Asti deve le sue origini al passaggio degli antichi romani, che sotto il comando di Gneo Pompeo Magno transitarono per quei territori per andare a combattere in Spagna contro Sertorio. Il condottiero piantò allora la sua nobile asta per dare inizio alla costruzione della città di Asti battezzandola con il nome di “Hasta”. Il termine latino hasta infatti indica la proprietà comune dei cittadini romani, anche se questa ipotesi non ha delle basi propriamente fondate, ma rimane una teoria ancora da confermare.
Grazie agli scavi archeologici del XX secolo, si riuscì a identificare l’assetto della città: ancora oggi qualche traccia è visibile, come l’odierno corso Alfieri, che è stato identificato nell’antico decumano massimo dell’antico quadrilatero romano, mentre per quanto riguarda la collocazione del cardo massimo vi sono alcune difficoltà.
In via Varrone, 30 sotto un edificio abitato sono visitabili i resti archeologici di una casa patrizia, una vera e propria domus romana, risalente alla fine del I secolo – inizio del II secolo, portata alla luce dagli scavi archeologici. L’elemento più interessante che si può scoprire durante la visita presso la domus è la pavimentazione, che presenta al centro un mosaico costruito con la tecnica dell’opus tesselatum abbinato all’opus sectile delimitato da una cornice a spina di pesce più interna ed un’altra, più esterna, con motivo a treccia. Queste tecniche consistevano nell’assemblare dei piccoli frammenti colorati detti “tessere” (in latino tessella), di materiali dalle tante tipologie, come marmo, pietra, pasta di vetro o ceramica.
Le varie tessere venivano tenute insieme con una malta e andavano a formare un disegno geometrico o floreale. Nel caso della domus romana astigiana il disegno è formato da tessere bianche e nere, decorato poi da figure geometriche in marmo colorato, alternate da figure zoomorfe (delfini e pesci) e piante acquatiche. Questo mosaico possiede un valore altissimo, visto che in Piemonte gli scavi archeologici non hanno portato alla luce molte testimonianze simili, perciò diventa un segno davvero importante. All’interno della domus si riesce anche a scorgere l’imboccatura di un forno che alimentava il riscaldamento domestico per mezzo di intercapedini nei pavimenti. Su una piccola superficie di muro si vedono tracce dell’antica decorazione che doveva essere nell’insieme molto ricca.