La Seconda guerra mondiale raccontata attraverso i rifugi antiaerei torinesi
TORINO. La Seconda guerra mondiale era rappresentata anche dai rifugi antiaerei in città. Paolo Bevilacqua, Marzia Gallo, Francesco Marconi, Andrea Thum e Fabrizio Zannoni, sono gli autori del libro, edito da Paolo Emilio Persiani, “I rifugi antiaerei di Torino”, appena presentato.
Le informazioni sui bombardamenti e su tutto il resto sono raccontati tra le pagine scritte raccogliendo 12 anni di esplorazioni urbane e un’intensa ricerca archivistica ha affermato Marzia Gallo, grazie alla disponibilità dell’ex dirigente del Comune di Torino Daniele Lupo Jallà, il quale ha permesso l’accesso a numerose strutture, occupandosi, inoltre, della prefazione del volume.
I numeri testimoniano oltre 900 i rifugi torinesi (cinque quelli oggi periodicamente aperti al pubblico), costruiti a seguito del Regio Decreto Legge 2121 del 24 settembre 1936 (convertito nella legge 1527 del 10 giugno 1937), anche riadattando aree già esistenti, come la galleria per la costruzione della nuova via Roma, e le gallerie settecentesche di contromina, realizzate in vista dell’assedio francese del 1706. Negli Anni Quaranta le gallerie in parte ostruite furono ripristinate e messe in comunicazione con le cantine dei palazzi, creando collegamenti con la superficie. Attualmente sono ancora fruibili circa otto chilometri di quei percorsi: il bunker di Palazzo Civico, riaperto al pubblico il 25 aprile 2015, è visitabile.
La Storia ricorda che, durante il secondo conflitto mondiale, la città fu colpita da tre fasi di bombardamenti, 41 in totale,, come documentato dall’Ufficio Statistiche della Città di Torino: la prima fase (dal 12 giugno 1940 al 23 ottobre 1942) causò 37 morti e 97 feriti, mentre la seconda e terza fase (dal 18 novembre 1942 al 5 aprile 1945) provocarono più di 2 mila morti e 2.589 feriti.
L’attività di ricerca degli autori del libro è auto-finanziata, ed è ancora in corso, attraverso il gruppo Astec (Associazione per la Storia del Territorio nell’Età Contemporanea), ragione per cui chi volesse segnalare materiali e documenti d’archivio, può farlo sulla pagina Facebook dedicata.