Diario di un viaggio in Argentina alla ricerca dei discendenti dei coloni piemontesi: da San Jorge a Morteros (VI parte)
San Jorge, 9 Novembre 2022, Mercoledì
Alle nove del mattino, dopo aver caricato le valigie e gli strumenti sul pullman, tutti i danseur del gruppo ‒ compresi ovviamente i tre musicisti Piero Napoli (detto Pedro), virtuoso della chitarra, Adalberto Rismondo (il “tambornin”, virtuoso delle percussioni), e Rinaldo Doro (virtuoso dell’organetto) e compreso ovviamente anche il sottoscritto, nominato “magìster” sul campo e “fine dicitore” di poesie in Lingua piemontese ‒ tutti i danseur, dicevo, si apprestano ad affrontare una nuova tappa. Indossiamo con orgoglio la maglietta “Piemonte Folk Festival” e – come sempre ‒ la felpa istituzionale, su cui è ricamato, sul cuore, il logo “Piemonte Cultura” e, sulla schiena, la scritta “Ël bal a l’é la lenga dl’ànima”. Ci sentiamo sempre più parte di un gruppo affiatato, armonico e coeso. Sappiamo di avere una comune missione da compiere: una ambasciata, uno scambio di piemontesità, un anelito di cultura piemontese, dal Piemonte subalpino al Piemonte argentino. Sono le radici che vanno ad incontrare i virgulti e le fronde, cresciute in una terra lontana. La gente finora incontrata, ha compreso appieno il senso della nostra missione, lo ha profondamente gradito, si è commossa, e ce lo ha dimostrato con l’affetto, il calore, e persino con il pianto al momento di ogni partenza. Il tour non concede momenti di pausa e di riposo, ma noi non sentiamo la stanchezza, appagati dalla gioia esplosiva e gratuita di chi ci incontra e ci abbraccia con gioia.
Stamani ci dirigiamo a San Jorge, una cittadina che dista poco più di 100 chilometri da Las Varillas. Anche qui, si rinnova lo stesso copione: il calore della comunità piemontese al nostro arrivo, la condivisione di un generoso pranzo conviviale, il tour della città (interessantissima la visita alla Tinka, la storica fabbrica delle biglie, fondata settant’anni orsono da vetrai liguri). Poi, un breve riposo, e subito pronti con gli abiti di scena: anch’io mi appresto – come di consueto ‒ ad indossare i pantaloni scuri, la camicia bianca, il foulard azzurro scuro, il gilé bordeaux, e in testa il “porilo”. Il pubblico applaude con slancio all’entrata dei Danseur dël Pilon, preceduti dal trionfale rullio del tamburo di Adalberto. E poi, a seguire, tutti gli altri, al suono ritmato dei flayers e dei titao, tra gli applausi scroscianti dei presenti. Il repertorio delle danze, dedicato al mese di Novembre, si snocciola tra quadriglie, controdanso e monferrine. Io salgo sul palco e declamo qualche verso in piemontese. Il pubblico applaude ed io sono felice. Ci sentiamo appagati. Anche questa sera è stato un successo. Anche questa sera abbiamo fatto il pieno di emozioni.
Morteros, 10 Novembre 2022, Giovedì
Anche il viaggio in direzione di Morteros, che dista 170 chilometri da San Jorge, inizia alle 9.00 precise. Abbiamo ormai preso dimestichezza con la gestione dei bagagli e degli zaini. Sappiamo a memoria cosa è contenuto nelle singole valigie, ed evitiamo di svuotarle ad ogni arrivo, ma ci limitiamo ad estrarre da esse solo gli indumenti e gli oggetti strettamente necessari per la giornata. Sarà più agevole, il giorno successivo, richiuderle e prepararci velocemente ad una nuova ripartenza, puntuali all’appuntamento dopo una copiosa colazione. Il problema, semmai, consiste nel trovare un residuale spazio ancora libero nei trolley, spazio che di volta in volta si fa sempre più esiguo, per i numerosi gadgets, souvenirs, specialità dolciarie, libri, stendardi, trofei, targhe et similia che generosamente ci vengono offerti ad ogni tappa dalle singole Familias piemontesas, e che non sappiamo più dove infilare.
Attenzione: il toponimo Morteros non ha affatto un significato sinistro: deriva da “mortaio”, ovvero prende il nome da quel caratteristico contenitore di marmo o di legno, in cui anticamente si pestavano il prezzemolo o altre verdure o granaglie, con l’uso di un adeguato pestello. Qui ci accoglie con un radioso sorriso Elina Blangetti, la dinamica e vulcanica presidente della locale Familia Piemontesa. La città è gemellata con Caselle Torinese. La giornata prevede il consueto rituale: sistemazione in famiglie ospitanti, la visita della città ed un pranzo conviviale. Poi una gita alla Laguna Mar Chiquita, raggiunta a bordo di un pick up attraverso le strade sterrate che si insinuano tra gli sterminati campi di grano e tra i pascoli degli allevamenti semibradi delle vacche da latte, dal manto bianco e nero. In prossimità della Laguna (salata) dove zampettano miriadi di fenicotteri rosa (i leggiadri flamencos), ci attende una ricca e inaspettata marenda sinòira di campagna;e a seral’esibizione nel capiente e accogliente Teatro locale. Il Gruppo dei Danseur si cimenta, tra gli altri, nei divertenti balli della Tòla e della Tersillho. Io mi propongo con le consuete letture di poesie in piemontese. Il pubblico applaude. Un altro successo. Ma non è finita: a tarda sera, condividiamo con i fratelli piemontesi di Monteros, una piacevole cena conviviale a base di ghiotte specialità locali, annaffiate da ottimi vini argentini e da selezionate cervezas. Si chiacchiera in allegria, mescolando il piemontese all’italiano e al castigliano.
Oltre alla presidente Elina Blangetti, che mi ha colpito per la sua affabilità e cordialità, tra le figure più carismatiche conosciute alla cena di Morteros, ricordo con affetto il parroco don Gabriel Camusso, originario di Cumiana. Una macchietta che sprizza simpatia: il suo piemontese è fluido e vivace, e incanta e suona come una preghiera.
Vanda ed io non dimenticheremo mai la fraternità con cui ci hanno accolto i nostri anfitrioni di questa cittadina: Mabel Betina Bolatti e René Alfredo Rivarosa, titolare di una fabbrica di rigenerazione di pneumatici e concessionario della Michelin, con quasi duecento dipendenti, che in esclusiva ci ha fatto visitare. “Benvenuti a casa nostra: è un piacere ospitarvi”, ci hanno detto – sorridendo – al nostro arrivo. Rispondo così: “Cari Mabel e René, grazie per l’affetto che ci avete regalato: è stato un incontro breve ma fortemente intenso. Manterremo per sempre nel cuore la vostra preziosa amicizia e la vostra generosa ospitalità”.
È quasi l’una di notte. Anche per oggi, come canta e intona Rinaldo Doro, la festa a l’é fàita,ovvero: la festa è finita. Dobbiamo ritirarci: domani ci aspetta un altro viaggio, un altro incontro e un’altra esibizione, con altre intense emozioni.
L’atmosfera è distesa. In cielo brilla la Luna piena. Alzo lo sguardo, e mi accorgo che mi sta osservando con un’espressione per me insolita. Poi mi rendo conto che siamo in un altro emisfero. Pensavo si trattasse di una leggenda metropolitana: dunque è vero che qui la Luna ci sorride in modo diverso! È più sorniona, forse; ma a me sembra che quaggiù risplenda di una luce più smagliante.
(Sergio Donna)
Le cinque tappe precedenti si possono visionare cliccando PUNTATA 1, PUNTATA 2, PUNTATA 3. PUNTATA 4 e PUNTATA 5. Il “diario di viaggio” continua nei successivi articoli pubblicati su questa stessa testata. Le note di viaggio sono tratte Il libro “Dalle radici alle fronde” | Dal Piemonte alla Pampa Gringa, di Sergio Donna. Info e prenotazioni: segreteria@monginevrocultura.net