Viaggio argentino sulle tracce dei coloni piemontesi: da Rafaela a San Francisco (VII parte)
Rafaela, 11 Novembre 2022, Venerdì
Partiamo da Morteros alle 9.00 precise. Indossiamo tutti la tenuta da viaggio: sulle spalle, la felpa nera istituzionale dei Danseur dël Pilon, quella con il logo di Piemonte Cultura ricamato sul petto. Ci attende un viaggio nella Pampa Gringa di circa 110 chilometri. Una sciocchezza rispetto ai chilometri già macinati finora.
A destra e a sinistra dei finestrini del pullman ci accompagna, da sempre, un paesaggio monotono, sempre uguale: distese e distese senza fine di campi di grano, méliga e soja, alternate a larghi spazi in cui pascolano folte mandrie di mucche dal manto bianco e nero (quelle da latte), o dal manto marrone scuro (quelle da carne). Qua e la là s’intravedono cavalli lasciati liberi a brucare l’erba sottostante, peraltro poco verde e alquanto rada, per la persistente siccità che perdurava da tre mesi (oggi, finalmente, piove). Sono i cavalli dei gauchos, ovvero dei mandriani, che vengono cavalcati per recuperare i capi dispersi o che si sono allontanati troppo dagli altri componenti della mandria. Ci si chiede come facevano i vecchi coloni a raggiungere queste vaste terre da lavorare, estese per 200-300 ettari, e anche più, e così lontane dai centri abitati. Ci hanno raccontato che quegli ardimentosi pionieri raggiungevano i terreni con carri trainati da cavalli; poi costruivano dei capanni nei campi per deporre gli attrezzi e trovarvi riparo durante la notte. Poteva pure capitare che dovessero dormire all’addiaccio o ripararsi dalla pioggia sotto il ventre delle mucche. Nei campi vi rimanevano per tutto il tempo della semina e del raccolto, tornando nelle abitazioni solo a campagna finita.
Arriviamo a Rafaela in un paio d’ore, attorno alle 11. È una bella città Rafaela, ordinata e vivace, ed è gemellata con Fossano. Non a caso, la piazza in cui è stato posizionato un suggestivo Monumento all’Immigrato piemontese è stata chiamata Piazza Fossano. Ed è qui che ci accoglie, cantando all’unisono, il locale Coro Piemontès, diretto da Rosana Alemandri. Lo compongono una ventina di coriste, che indossano tradizionali costumi piemontesi, con i tipici grembiuli bianchi ricamati e le caratteristiche cuffie infiorate, simili a quelle di Giacometta, la compagna di Giandoja. Non mancano le voci maschili: i cantori, che indossano il cappello alpino, fanno da controcanto alla più rappresentata componente vocale femminile.
La locale Asociasión Cultural ci ospita in un prestigioso Hotel del Centro Storico, non lontano dal Teatro in cui, di sera, i Danseur faranno la loro esibizione. Ci sistemiamo nelle ariose stanze che ci sono state riservate e ci prepariamo per la visita della città, accompagnati dalla gentile e disponibilissima signora Norma Brarda Bruno, docente di piemontese, interprete e autrice di diverse opere letterarie e linguistiche, preziose per tutti gli studiosi della Lingua piemontese in Argentina, come la “Gramàtica de la Lengua Piamontesa” e “Patrimonio Cultural del Piamonte”, due prestigiose pubblicazioni edite in Lingua spagnola a cura dell’Asociación Cultural Piemontesa de Rafaela.
Quali presidenti delle due Associazioni che hanno ideato il progetto di questa missione culturale e linguistica nella Pampa Gringa, Bruno Donna per Piemonte Cultura e il sottoscritto per Monginevro Cultura veniamo intervistati da una TV locale che ha dato ampio risalto alla tournée e alle sue finalità socio-culturali. Norma Brarda Bruno ci fa da interprete e ci traduce le domande formulateci in castigliano dal conduttore televisivo.
Estremamente interessante e ricco di cimeli e documenti è il Museo dell’Immigrazione, che ij Danseur hanno potuto visitare, e in cui si è tenuto il ricco e raffinato buffet di benvenuto da parte della Municipalità di Rafaela.
Alla sera, come sempre, nel Teatro Municipale si è tenuto l’atteso spettacolo coreutico-teatrale: tra le numerose danze proposte, ricordo la Corenta di Rueglio e quella di Sucità (Ceres), e ancora la Tersillho e la Quadriglia, tutte applauditissime. Anche per questa edizione dello show, non è mancata la componente letteraria linguistica piemontese, di cui sono stato fieramente incaricato di occuparmi: tra le liriche da declamare, scelgo un brano dedicato al ricordo dell’artista Raffaella Carrà, amatissima e conosciutissima in Argentina, recentemente scomparsa, e che portava lo stesso nome della città oggi ospitante. Anche qui, a fine spettacolo, veniamo abbracciati affettuosamente dal pubblico che si accalca attorno al palcoscenico: anche a Rafaela sono molti gli spettatori che si soffermano a dialogare con gli artisti, alla ricerca di contatti perduti, che sperano con tenacia di ricomporre. Come Marta Dominino, che mi ferma e si presenta, dicendo di esser nata nel 1942 a Umberto I, ma di avere origini piemontesi. Mi stringe le mani, mi guarda con occhi che sprizzano gioia e riconoscenza per essermi rivolto al pubblico con la lingua dei suoi genitori. Che tenerezza!
La giornata si conclude con una memorabile cena nel corso della quale è stato possibile dialogare tra i convitati e cementare nuove conoscenze e amicizie, che mai saranno effimere.
San Francisco, 12 Novembre 2022, Sabato
San Francisco è la vera capitale del Piemonte argentino. Gemellata con Pinerolo, la città è in provincia di Còrdoba, ma è posta proprio sul confine con la provincia di Santa Fe. Conta 70.000 abitanti e venne fondata da emigranti piemontesi nel 1886.
È una città ordinata, elegante, che si estende a scacchiera come la maggior parte dei centri abitati della Pampa Gringa; ma è alquanto estesa e ricca di ariose avenidas. Tutte le vie, larghe o meno larghe che siano, sono alberate, e ciò dà all’agglomerato urbano un senso di esteso giardino, e infonde al visitatore la sensazione di trovarsi in una città molto “green”, dall’aria respirabile e pura.
La raggiungiamo da Rafaela con il solito pullman, condotto da José, il nostro fidato autista, che dopo la timidezza iniziale si è via via sciolto ed è diventato molto più socievole: è un indio o forse un “criollo” (i vecchi piemontesi della Pampa Gringa, con un pizzico di malizia, chiamavano i meticci “foin”: un termine che significa ‘faina’, un mustelide dal pelo piuttosto scuro, come scure sono appunto la carnagione e la capigliatura dei créoli). Non spiccica neppure una parola d’italiano, ma riesce a farsi capire perfettamente con i segni e con i cenni del capo e delle mani, e con esplicativi ammiccamenti degli occhi. Siamo entrati con lui talmente in confidenza, che ormai tutti i Danseur lo chiamano scherzosamente “Tano” (è il termine con cui i porteñi chiamavano gli Italiani appena giunti in Argentina). Lui sta al gioco, e sorride ogni volta che lo chiamiamo così, perché è persona sveglia ed arguta, e dotata di una buona dose di ironia. Il viaggio dura circa due ore e quaranta: giusto il tempo necessario a coprire la distanza di circa 150 chilometri che separa le due città.
La giornata trascorsa a San Francisco è tra le più intense ed emozionanti tra quelle finora vissute in Argentina. Gli incontri sono molti e le emozioni si susseguono a catena.
Alla Casa del Piemonte, ci accoglie Norberto Alisio, Presidente dell’Associazione Familia Piemontesa di San Francisco, che fa accomodare la comitiva proveniente da Rafaela in una storica palazzina sulla cui facciata è affissa una targa che riproduce il logo della Regione Piemonte. Sì, proprio così: forse questo rappresenta l’unico caso al mondo di un immobile di proprietà della Regione Piemonte in terra straniera, e ciò è dovuto ad un generoso lascito privato avvenuto negli anni passati. La Palazzina in cui siamo entrati – ci spiega il Presidente ‒ risale agli Anni Venti del Novecento, e praticamente si erge su un territorio italiano, o meglio… piemontese: se il Piemonte fosse uno Stato, e non una Regione italiana, sarebbe come trovarsi all’interno di un’Ambasciata.
Norberto Alisio, oltre ad essere persona di vasta cultura e generoso padrone di casa, ci spiega che San Francisco può essere considerata la città più italiana d’Argentina, e nella fattispecie, la più piemontese. Qui si tengono Corsi d’Italiano e di Pittura e Seminari di Piemontese.
Norberto Alisio, che è originario di Staffarda, è anche docente di Lingua piemontese e ci dà prova della sua simpatia citandoci un proverbio nella Lingua subalpina, che prontamente fa scaturire una schietta risata sulle labbra di tutti i Danseur: “Coj ëd Morëtta a diso che a van via, ma peui a stan ancora n’orëtta”.
Danseur e danseure vengono poi ospitati in famiglia presso abitazioni private. Mia moglie ed io veniamo affidati alla dottoressa Anna Maria Baj, un medico specializzato in otorino laringoiatria, che ci conduce nella sua villetta, che si sviluppa sia al piano terreno che al primo piano: l’abitazione dispone anche di una piscina e di una giardino. Comincia a spiovere, ma fuori e tutto bagnato e non possiamo usufruire di questo incantevole spazio verde. È vedova ed ha due figli: uno, Alejandro, ha ereditato l’azienda agricola paterna, che ha un’estensione di qualche centinaio di ettari coltivati a cereali: rientra in famiglia nell’elegante appartamento che ci ospita solo nei fine settimana. Oggi è sabato e possiamo fare conoscenza con lui. È simpaticissimo, e quando viene a sapere che mio figlio è interessato ad una maglia o una sciarpa del Boca Juniors, mi offre spontaneamente la casacca della sua nuovissima tuta da allenamento, con i colori e il logo della mitica squadra porteña. A nulla vale la mia imbarazzata riluttanza ad accettare il suo dono: lui se ne è privato volentieri per il puro piacere di farne omaggio a mio figlio, pur non conoscendolo affatto, sull’onda di un gesto spontaneo di raro slancio altruistico. Ed io finisco per accettare quel suo presente molto volentieri. L’altro figliolo, Exequiel, ha la sindrome di Down, ma dietro a quel suo sguardo apparentemente distratto, sa afferrare il senso di ogni concetto, e catturare ogni pensiero espresso e non espresso. È lui che conserva l’archivio dei documenti di famiglia che attestano i legami con il Piemonte: atti di nascita, di battesimo, di matrimonio dei suoi antenati. Conosce a memoria il nome dei paesi in cui sono nati o si sono sposati i suoi trisavoli. Raggiunge velocemente la sua stanza, al primo piano; poi ritorna per mostrarmi con orgoglio i vecchi certificati, ingialliti e dai bordi sbrindellati su cui, con inchiostro di China, sono vergati a penna i nomi dei suoi avi.
Lo spettacolo teatrale serale viene di volta in volta riproposto sostanzialmente secondo uno stesso format: gli ingredienti sono sempre le danze, i canti, le scenette teatrali, il tutto intermezzato dalle mie letture di poesie o di brevi racconti in piemontese, ma difficilmente si propongono ogni sera gli stessi balli e le stesse letture. Questa volta Beatrice Pignolo, la coreografa dei Danseur dël Pilon, di concerto con la danseura Sandra Mascarello, sceglie il tema delle “Feste”, con un repertorio di danze gioiose, adatte a celebrare certe festose ricorrenze della tradizione popolare piemontese. In scaletta è previsto il Brando, la Bourea Roero, la Controdanso e la Tresso. Come sketch teatrale la scelta cade sull’esilarante “Frate confessore”. Io aggiungo alcune letture di poesie in piemontese, in tema con il fil rouge gioioso e festaiolo che contraddistingue questa serata.
Anche il penultimo spettacolo del tour si rivela un successo, e lo confermano gli scroscianti applausi del pubblico al termine di ogni danza, le sonore risate esplose durante le divertenti scenette teatrali, o nel corso delle letture degli ironici e spiritosi versi letti dal sottoscritto.
Ma per questa sera la festa non è ancora finita. Gli amici di San Francisco ci accompagnano alla Sede dell’Asociasión Civil Familia Piemontesa de San Francisco, dove svetta una Mole Antonelliana in formato ridotto (una costruzione in muratura e carpenteria metallica, in perfetta proporzione dell’originale, ma in scala 1:10). È stata progettata dall’architetto Raffaele Macchieraldo figlio del fondatore della Familia Piemontesa di San Francisco, lo stesso che ha donato il terreno su cui è stata costruita la citata palazzina di proprietà della Regione Piemonte e quello su cui è stata eretta la piccola Mole e gli annessi fabbricati.
Davvero a San Francisco esiste un altro Piemonte, dal sapore antico, e un’altra piccola-grande Torino, palpitante e viva, in cui ogni giorno si rinnovano tradizioni e ricordi immortali.
Sono orgoglioso di aver conosciuto l’architetto Macchieraldo e di avergli fatto dono di una copia, fresca fresca di stampa, del mio libro Parlé Piemontèis | Detti, motti, modi di dire e curiosità della Lingua Piemontese, che sarà conservata presso la prestigiosa Biblioteca della Casa del Piemonte.
Un altro incontro gratificante e arricchente è stato quello con Ana María Filippa Garbarini, cultrice di Lingua piemontese, che ha apprezzato molto i contenuti dell’Armanach Piemontèis 2023 di Monginevro Cultura, di cui avevo portato qualche copia da Torino.
In quanto alla cena, tra le tante specialità servite, gustiamo in particolare la pata flambeada: una grande coscia di vitello cotta per ore in un forno e tagliata alla coltella. La serata è prolungata con canti e balli coinvolgenti. Ma stiamo facendo le ore piccole: siamo davvero cotti: ci arrendiamo alla stanchezza, e chiediamo ai nostri anfitrioni di portarci a fare la nanna nei loro appartamenti.
Intanto, già da qualche ora, ha smesso di piovere: è piovuto parecchio nelle trentasei ore precedenti; la pioggia ha portato un po’ di sollievo alle aride zolle della Pampa, ed i contadini ora potranno finalmente seminare la soja.
Un motivo in più per condividere la gioia dei nostri fratelli argentini.
Sergio Donna
Le sei tappe precedenti si possono visionare cliccando PUNTATA 1, PUNTATA 2, PUNTATA 3, PUNTATA 4, PUNTATA 5 e PUNTATA 6. Il “diario di viaggio” si concluderà domani con la tappa finale. Le note di viaggio sono tratte Il libro “Dalle radici alle fronde” | Dal Piemonte alla Pampa Gringa, di Sergio Donna. Info e prenotazioni: segreteria@monginevrocultura.net