La vita coraggiosa di Rita Montagnana, prima moglie di Palmiro Togliatti
C’è un tratto di via Monginevro che è stato un crogiolo di cultura politica e di aspirazioni di riscatto operaio e sociale: è quello compreso tra corso Racconigi e via Pagno. Qui abitarono a lungo le sorelle e i fratelli Montagnana, che ebbero un ruolo determinante nell’opposizione al regime fascista e alla riconquista della libertà e della democrazia. Fu Rita Montagnana a proporre la mimosa come fiore simbolo della “Festa della Donna”
TORINO. Borgo San Paolo, borgo operaio novecentesco per antonomasia, è caratterizzato da palazzine sobrie e popolari, consone al ceto proletario che lo abitava, ma talora ci sorprende con delle autentiche e rare perle architettoniche. Come le due eleganti palazzine gemelle di via Monginevro: una è posizionata al civico 70 (all’angolo con via Pagno); l’altra si trova all’angolo con via Costigliole, ed ha la portina di accesso in questa via, al civico 1. Le palazzine sono in stile eclettico, con alcuni fregi di influenza tardo-floreale, e con alcuni innesti di stile neo gotico, come le finestre e le porte-finestre dei piani centrali. La facciata è in paramano, in mattoni a vista, con decori color cinabro nella fascia corrispondente al sottotetto.
Non tutti lo sanno, ma nella palazzina al civico 1 di via Costigliole risiedette per qualche tempo Rita Montagnana (Torino, 1895 – Roma 1979), prima moglie di Palmiro Togliatti (Genova, 1893 – Jalta, 1964), e madre di Aldo Togliatti (Roma 1925 – 2011, Modena). Aldo, detto Aldino, aveva una sorprendente somiglianza con il papà, sia nei lineamenti che nello sguardo, e persino in quel gesto ripetuto di passarsi la mano fra i capelli. Portava occhiali a lenti tonde, molto simili a quelle preferite da suo padre.
Rita Montagnana faceva parte di una famiglia ebrea, cresciuta nella cultura di un ebraismo laico, emancipato, orientato al sociale, e che condivideva le aspirazioni del movimento operaio e la causa dell’emancipazione delle classi lavoratrici. La famiglia risiedeva in Borgo San Paolo, in via Monginevro, in una casetta posizionata all’interno del cortile del civico 68, insieme ad altre quattro sorelle (Gemma, Lidia, Clelia ed Elena Montagnana), e ai due fratelli maschi (Mario e Massimo).
Come scriveva Giorgina Arian Levi (“I Montagnana, Una famiglia ebraica piemontese e il movimento operaio tra il 1914 e il 1948”, Giuntina Editore, Firenze, 2000), la casetta di via Monginevro 68, “nel suo disordine, nella frequentazione assidua di tanti cari e fedeli amici, nella sua circolazione perenne di libri, di idee e di dibattiti, oltre che sulla politica, anche su musica, poesia, teatro, cinema”, è stata un crogiolo di cultura operaia socialista.
Rita, vocata all’attività politica, divenne presto dirigente provinciale e poi regionale del Movimento Giovanile Socialista. Nel 1917, prese parte alle rivolte torinesi per il caro pane. Nel 1919, sostenne i Consigli di fabbrica e gli scioperi operai per i miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro. Nel 1921, insieme al fratello Mario Montagnana, futuro direttore de l’Unità, Rita Montagnana fu una delle fondatrici del Partito Comunista d’Italia e delegata al III Congresso dell’Internazionale Comunista a Mosca.
Con l’avvento del regime fascista, fu costretta a trovare rifugio, insieme a Palmiro Togliatti, in Francia e successivamente in Unione Sovietica, da cui continuò ad effettuare frequenti spostamenti ancora in Francia e in Svizzera. Tra il 1936 e il 1938, Rita fu anche in Spagna, durante la Guerra Civile. Nella Russia sovietica, Rita Montagnana fu ammessa, insieme ad altre pochissime donne, a frequentare la “Scuola Leninista di Formazione Quadri”, mentre il figlio Aldo venne affidato al prestigioso Istituto di Ivanovo, ente d’istruzione accademica russo, dove venivano accogli i figli dei più noti leader comunisti stranieri in clandestinità. Aldo Togliatti trascorse gran parte della sua infanzia e della sua adolescenza in Unione Sovietica, in questo collegio, dove conseguì un diploma in ingegneria.
Rientrata finalmente in Italia, dopo la liberazione di Roma Rita Montagnana venne nominata dirigente della Sezione Femminile del Partito Comunista Italiano, e fondò l’Unione Donne Italiane (UDI). Rita ebbe anche un ruolo determinate nell’organizzare le prime celebrazioni italiane della Liberazione e dell’immediato dopoguerra. A lei, tra l’altro, con Teresa Mattei e Teresa Noce si deve l’adozione della mimosa come simbolo della Festa della donna, che si celebra ogni anno l’8 marzo.
Al termine del conflitto, intanto, anche Aldo Togliatti rientrava in Italia, raggiungendo la madre a Torino: si iscrisse al Politecnico, ma non portò mai a termine il percorso universitario per conseguire la laurea in ingegneria. Troverà un impiego alla SIP, ma i sintomi di un crescente disagio psichiatrico ne condizioneranno la carriera professionale: le sue peggiorate condizioni di salute ne imposero infine il ricovero in una casa di cura. Il cugino e tutore Manfredo Montagnana, in particolare, a lui molto legato, gli sarà accanto assiduamente, fino all’ultimo giorno di vita.
Ricordiamo ancora che Rita Montagnana, che nel dopoguerra venne eletta senatrice (per la I e la II legislatura), nel 1948 venne lasciata da Palmiro Togliatti, che le preferì Nilde Iotti come nuova compagna. Dopo il 1958, Rita Montagnana abbandonò progressivamente l’attività politica. La grande statista torinese di Borgo San Paolo morì a Roma nel 1979 e venne sepolta nel Cimitero Parco della sua Torino.