La vocazione sportiva del Valentino, il parco di Torino per antonomasia
Sulle sponde del Po, a fine Ottocento, sono nate decine di discipline sportive, dalla scherma al canottaggio
A Roma Villa Borghese, a Napoli il Bosco di Capodimonte, a Firenze Le Cascine. E a Torino? Tutti risponderanno: il Valentino. Sì perché il Valentino è sicuramente uno dei parchi più noti, più romantici e scenograficamente sorprendenti del nostro Paese. Sulla sponda sinistra del Po, nel cuore di questo storico giardino, Madama Cristina di Borbone-Francia (1606 | 1663) – coinvolgendo il prestigioso architetto di corte Carlo di Castellamonte (cui si affiancherà in seguito il figlio Amedeo per il completamento dell’aulico edificio) – aveva fatto costruire il Castello del Valentino, da utilizzarsi come residenza estiva di Corte (ma anche, come dicono le malelingue, per incontrarvi i propri amanti). Nel tempo, il giardino che circondava questo sfarzoso edificio si estese ulteriormente, trasformandosi in un vasto parco fluviale, con sinuosi vialetti, aiuole, balconate, radure e fontane: finché, nel 1856, il Parco del Valentino divenne il primo parco pubblico della città, frequentato da cittadini e turisti. La sua estensione è di circa 500.000 metri2, e si sviluppa tra il Ponte Umberto I (che collega Corso Vittorio Emanuele II con Corso Fiume) e il Ponte Isabella (Che collega Corso Dante con Corso Moncalieri).
Recentemente il parco è stato anche utilizzato come spazio espositivo all’aperto per accogliere il Salone del Gusto e il Salone dell’Automobile. Il legame del Valentino con l’automobile non è, del resto, casuale: lungo i più larghi viali del parco, dal 1935 al 1955, si disputarono con ben dieci gare automobilistiche: sui loro bolidi rombanti, qui sfrecciavano piloti di fama internazionale, come Nuvolari, Ascari, Varzi e Villoresi.
La vocazione sportiva di Torino in tutte le discipline è ultrasecolare: tra i numerosi primati della città, purtroppo sfumati nel tempo, c’è anche quello di essere stata un’indiscussa capitale dello sport, primato conquistato sul campo, anzi sul… ‘parco’ del Valentino e sulle rive del fiume che lo accarezza. Fu proprio nel Castello del Valentino che nel 1830 Carlo Alberto istituì la Scuola Militare Ginnastica di Artiglieria. La passione per la forma fisica travolse sempre più i giovani torinesi e il Valentino fu scelto come luogo ideale per accogliere decine di Circoli e Società sportive. Lì si praticavano e si promuovevano specialità agonistiche d’ogni tipo: dal tiro a segno (Reale Società di Tiro a segno), al pattinaggio (Circolo dei pattinatori), dal ciclismo (Veloce Club Torino) al tennis (il Lawn Tennis Club, istituito nel 1880, è stato il primo Circolo tennistico italiano), dalla scherma e alla ginnastica (ricordiamo la mitica Società Ginnastica Torino). Non solo: in una sala del Castello del Valentino, su impulso di Quintino Sella, venne istituito il Club Alpino Italiano. E non finisce qui: fu proprio sulle collinette innevate del Valentino che Adolf Kind, un ingegnere svizzero, ma torinese di adozione, nel 1896 sperimentò per la prima volta un paio di ‘ski’ (così si chiamavano allora) in frassino. Dopo appena cinque anni, nel 1901, con altri ventinove appassionati, molti dei quali soci del Club Alpino Italiano, fondò il primo Ski Club Italiano, di cui fu eletto presidente. Fu tra i promotori della creazione della prima stazione sciistica italiana: quella di Oulx, in Val di Susa. Nel 1907, al Colle del Monginevro, si tenne la 1^ edizione delle Gare Internazionali di sci.
Ma non possiamo dimenticare che sulle sponde del Po sono anche nate le prime e gloriose Società remiere italiane, che – con i reiterati successi sportivi dei loro vogatori ‒ hanno contribuito a diffondere la pratica e la passione del canottaggio in tutto il Paese: la prima Regata sul fiume si tenne già nel 1865.
Tra gli anni Sessanta e Ottanta dell’Ottocento, sulle rive del fiume si insediarono prestigiose Società di canottaggio, come la Reale Società Canottieri Cerea (1863), l’Eridano (1864), l’Armida (1869), il Caprera (1883) e l’Esperia (1886), che ancora sono attive ai giorni nostri, e che vantano un palmares ultrasecolare di successi e di memorabili imprese sportive nelle varie specialità del canottaggio. Ognuna di esse imponeva ai propri atleti di portare divise e copricapi riproducenti i colori sociali. I canottieri del Cerea, ad esempio, indossavano mute sportive di colore bianco e azzurro, a righe orizzontali, ed una stella sul petto. I colori sociali dell’Esperia, invece, erano il giallo e il blu; quelli del Caprera, il rosso e il bianco. La foggia ed i colori delle canotte identificavano già da lontano gli equipaggi, tra i quali spiccata era la rivalità, sia pur nei limiti di un’assoluta correttezza sportiva. Il fair play dei frequentatori di questi Circoli era leggendario, e ne fecero un autentico stile di vita.
Quando due imbarcazioni si incrociavano sul fiume, il rigoroso galateo sportivo imponeva agli equipaggi lo scambio di un saluto. I vogatori del Cerea, incocciando un altro equipaggio, solevano proferire un cordiale “cerea!”, ossequio tipicamente torinese: a detta di alcuni, quel saluto pareva talora assumere un tono vagamente distaccato e snob. In realtà non era così, visto che in quello stesso modo, a norma di regolamento, dovevano salutarsi tra loro gli stessi soci del Cerea.
Le Società di canottaggio si dotavano altresì di un proprio motto. Questo era quello dell’Esperia: “Si spiritus pro nobis, quis contra nos?”, parafrasi della frase biblica: «Si Deus pro nobis, quis contra nos?». Quello dell’Armida era (ed è rimasto) : «Fortiter Constanter». Nel 1884, in occasione dell’Esposizione Generale Italiana di Torino, si tennero numerose Regate internazionali, nelle quali s’imposero tutte le principali Società remiere torinesi. Nel 1888 venne costituito il Rowing Club Italiano, che riunì in una Confederazione le Società remiere della penisola, ed organizzò il Primo Campionato Italiano di Canottaggio.
Il Valentino: un luogo romantico, lambito dal Po, dove la città si trasforma in una bucolica oasi di pace. Provate a porgere l’orecchio al dolce fruscio dei sandolini e delle jole che fendono l’acqua del fiume: potreste ancora percepire nell’aria l’eco soffuso dei ‘Cerea!‘ rivolti dai vogatori in canotta a righe bianche e azzurre agli altri equipaggi in transito sulle esili e filanti barchette.
Sergio Donna