Le 5 cinque “ugole d’oro” di Mondovì: un premio ricorda le loro voci straordinarie
Da 27 edizioni la cittadina della Granda ospita tenori e soprani di fama internazionale per onorare cinque straordinari personaggi monregalesi: Mary d’Arneiro (soprano), Emilio Aimo (tenore), Domenico Viglione Borghese (baritono), Annetta Casaloni (mezzosoprano) e Teresa De Giuli Borsi (soprano)
Da 27 edizioni la cittadina della Granda ospita tenori e soprani di fama internazionale per onorare cinque straordinari personaggi monregalesi: Mary d’Arneiro (soprano), Emilio Aimo (tenore), Domenico Viglione Borghese (baritono), Annetta Casaloni (mezzosoprano) e Teresa De Giuli Borsi (soprano).https://www.piemontetopnews.it/le-5-cinque-ugole-doro-di-mondovi-un-premio-ricorda-le-loro-voci-straordinarie/
MONDOVI’. Esistono angoli del pianeta, e anche del nostro Piemonte, che hanno la fortuna di aver dato i natali a più di un artista di eccezione, come se un particolare talento artistico naturale fosse innato nel DNA degli abitanti di quel luogo e ad essi elargito.
La bella “Mondovì ridente”, come ebbe a definirla il grande poeta Giosuè Carducci, è la città natale di decine di personaggi celebri e illustri, spesso di fama internazionale, distintisi in ogni comparto della vita sociale e dell’arte. Tra questi, e limitandoci alla lirica, vogliamo ricordare cinque “ugole d’oro” che hanno onorato la loro città natale, il nostro Piemonte e la nostra Nazione. Sono la soprano Mary d’Arneiro, il tenore Emilio Aimo, il baritono Domenico Viglione Borghese, la mezzosoprano Annetta Casaloni ed il soprano Teresa De Giuli Borsi. Tutti monregalesi.
Mary d’Arneiro, soprano (1871 – 1959)
Mary d’Arneiro, che in realtà si chiama Maria Clotilde Gigli, fa parte di una famiglia di origine senese: nasce a Mondovì l’8 ottobre 1871. E’ adottata dal musicista e diplomatico portoghese José Augusto d’Arneiro (1838-1903), autore di molte opere liriche, che indirizza Mary allo studio del bel canto, facendola debuttare nel 1891 al San Carlos di Lisbona, nel ruolo di Margherita, nel Faust diretto da Luigi Mancinelli. L’anno seguente, la talentuosa soprano esordisce in Italia, al Garibaldi di Palermo, come protagonista della Loreley di Alfredo Catalani, diretta da Arturo Toscanini. Nel 1896, dopo una recita della Loreley a Novara, un critico musicale la definisce “artista di serio valore, intelligentissima, piena di passione, fedele al testo, dalla voce splendida, calda, simpaticissima, estesa, fuor dal comune”.
A Mary d’Arneiro si spalanca subito una pronta e luminosa carriera, sia in Italia (nel 1905 fu Agata nel Franco cacciatore di Carl Maria von Weber, alla Scala), sia all’estero: in Messico (Aida, gli Ugonotti, il Trovatore), a Varsavia (Aida, Don Giovanni), a Montecarlo (nell’Otello, con Francesco Tamagno), a Buenos Aires (nella Regina di Saba, con Enrico Caruso e diretta da Toscanini in Lohengrin e nell’Otello), a Odessa (Gioconda, Mefistofele, gli Ugonotti, Tosca), a Valencia (Lohengrin, Aida, Cavalleria rusticana), a Madrid (Don Giovanni, Aida, Lucrezia Borgia, Dannazione di Faust), e a Lisbona (Fedora).
Esce dalle scene nel 1911: l’ultima performance fu al Teatro Apollo di Roma, in Fedora. Muore il 13 agosto del 1959, dimenticata da tutti, nella sua villa di Loano: viene sepolta a Sanremo, accanto al padre adottivo.
Emilio Aimo, tenore (1884 – 1963)
Nato a Mondovì Piazza il 18 luglio 1884, il tenore Emilio Aimo si forma a Milano con i maestri Vanzo e Rosati, debuttando al Teatro di Sassuolo nei Pagliacci. Nel gennaio 1913, canta il ruolo di Folco nell’Isabeau di Mascagni, al Teatro Ponchielli di Cremona. L’editore Sonzogno, impressionato dalle sue doti artistiche, lo scrittura nella medesima opera per i teatri di Pisa e di Salò. Anche al Sociale di Como, Aimo si riconferma tenore di successo replicando l’Isabeau di Mascagni.
Poi, lo scoppio della Grande Guerra, per motivi di forza maggiore, lo costringe a limitare le proprie performance artistiche. Il 18 giugno 1916 partecipa al grande concerto benefico ai Giardini Reali di Torino, accanto ai colleghi Rinaldo Grassi, Vanni Marcoux e Nicola Fasciolo, cantando brani della Gioconda, opera lirica di Amilcare Ponchielli su libretto di Arrigo Boito. Sempre nel dicembre dello stesso anno, Aimo tiene un concerto nella Sala Comunale di Rivarolo (Torino).
Finita la guerra, l’attività del tenore torna ad essere a pieno ritmo: Emilio Aimo è protagonista nell’Otello di Verdi al Teatro Sociale di Tortona (novembre 1922). Nel gennaio del 1923 è a Prato, al Teatro Metastasio, con Fanny Da Forno e Alfredo Zagaroli. Poi, quasi improvvisamente, e inaspettatamente, decide di ritirarsi dalle scene per dedicarsi all’attività di viaggiatore di commercio. Non ci sono purtroppo rimaste incisioni di Aimo, ma – visto il successo riscosso in opere come Pagliacci, Isabeau e Otello – è evidente che si tratti di un tenore dal timbro straordinario e dalla mimica ideale per interpretare ruoli drammatici.
Domenico Viglione Borghese, tenore (1877 – 1957)
Domenico Viglione è il terzo personaggio monregalese che vogliamo ricordare. Nato a Mondovì nel 1877, come cantante lirico si forma al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano; poi prosegue gli studi al Conservatorio Gioachino Rossini di Pesaro, diretto da Pietro Mascagni, e infine a Roma, alla scuola di Antonio Cotogni.
Debutta nel 1899 in Lohengrin al Teatro di Lodi, con il ruolo dell’araldo del re; dopo due anni di attività in Italia, nel 1901 decide di trasferirsi negli Stati Uniti d’America, a San Francisco, dove Enrico Caruso gli presenta Luisa Tetrazzini, che gli affida il ruolo di tenore in diverse opere verdiane, come il Rigoletto e La traviata, nel corso di una tournée in Messico e in Sudamerica. Rientrato in Italia nel 1906, si esibisce al Teatro Comunale di Bologna, alla Scala di Milano, alla Fenice di Venezia, al San Carlo di Napoli, al Carlo Felice di Genova, con crescente notorietà e successo. A Torino, nel 1923 è Scarpia, in Tosca, rappresentata con successo al Teatro Regio. Frequenti sono pure le sue tournée all’estero, che ne consolidano la fama internazionale: nel 1912 è a Montecarlo con La fanciulla del West; nel 1916 è a Parigi, al Palais Garnier, dove interpreta Lescaut in Manon Lescaut e Jack Rance ne La fanciulla del West; nel 1919 è a Buenos Aires, al Teatro Colón, dove interpreta il ruolo di Michele ne Il tabarro di Puccini, diretto da Tullio Serafin.
Si ritira dalle scene liriche nel 1940, allo scoppio della II Guerra Mondiale. Nel dopoguerra Domenico Viglione Borghese rivela anche eccellenti doti di attore, interpretando ruoli diversi in alcuni film di successo (come Piccolo Mondo Antico di Mario Soldati).
Annetta Casaloni, mezzosoprano (1826 – 1915)
Altra sublime voce d’artista monregalese è stata quella della mezzosoprano Annetta Casaloni (Mondovì Piazza 1826 – Torino 1915), il cui vero cognome era Casalone (suo fratello Carlo Casalone si era distinto per il suo eroismo sui campi di battaglia nel Risorgimento). Il debutto avviene a 22 anni alla Scala, nella Cenerentola di Rossini. Nel 1851 Giuseppe Verdi le affida il ruolo di Maddalena nel Rigoletto, rappresentato alla Fenice di Venezia.
Donna di gran fascino e dotata di “voce robusta, che modula con grande maestria”, come scriveva un critico dell’epoca, ed abilissima attrice, la Casaloni si esibisce nei principali teatri lirici italiani e stranieri, con numerose tournée sia nel Nord America che nell’America Latina. Tiene anche diversi concerti benefici nella sua mai dimenticata città natale: memorabile quello tenutosi al Teatro Sociale di Mondovì Piazza nel 1862.
Ritiratasi dalle scene, si dedica all’insegnamento privato del bel canto, dapprima a Roma e poi a Torino, nel suo appartamento di Piazza Vittorio 1, dove ha tra le sue allieve Claudia Muzio, soprano, che all’epoca interpretava il ruolo wagneriano di Sieglinde, ne La Valchiria: giovane cantante dalla voce duttile e straordinaria, tale da meritarsi – quando raggiunse l’apice del successo – l’appellativo di “divina Claudia”.
Teresa De Giuli Borsi, soprano (1817 – 1877)
A completare il nostro “full” canoro, composto da un fulgido tris di donne e da una brillante coppia di re del bel canto, è la soprano Teresa De Giuli Borsi (Mondovì 1817 – Napoli 1877). Nata a Mondovì il 26 ottobre 1826, il suo esordio avviene nel 1839 al Teatro Re di Milano, in Elisa e Claudio di Saverio Mercadante. Nel 1842, Giuseppe Verdi le affida il ruolo d’Abigaïl nel Nabucco. Fu a Napoli, Roma, Genova, alla Fenice di Venezia, al Teatro Scribe di Torino. Sulla scia del successo ottenuto, la De Giuli si vedrà ben presto lanciata anche a livello internazionale. Sarà a Madrid (al Teatro Real), a Barcellona (al Liceu), a Lisbona, a San Pietroburgo. Tra il 1857 e il 1858, di nuovo in Italia, è al Bellini di Palermo, e poi all’Apollo di Roma. E poi nuovamente all’estero per una tournée a Odessa e a Kiev, in Russia, tra il 1864 e il 1865. Nell’autunno del 1866 è alla Fenice di Venezia, in Un ballo in maschera. Nel 1873, a Palermo, in Ruy Blas, dramma lirico in quattro atti di Carlo d’Ormeville, musicato da Filippo Marchetti, cui segue la prima locale de La forza del destino, di Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave.
Come scrive Federica Camata nel “Dizionario Biografico degli italiani”, Teresa De Giuli Borsi “era dotata di una voce estesa, chiara, agile e al contempo robusta da soprano drammatico di agilità, che seppe preservare dall’usura, che spesso invece colpiva alcune sue colleghe, continuando a impersonare con successo le principali eroine di Verdi, Donizetti e Bellini fino a fine carriera”. Muore a Napoli il 18 novembre 1877.
Il Premio “Opera – Città di Mondovì”
I Monregalesi non hanno certo dimenticato i loro grandi artisti e beniamini. Per celebrare queste cinque celebri ugole d’oro, fin dal 1991, a Mondovì si tiene il Premio “Opera – Città di Mondovì”, patrocinato dal Comune, in collaborazione con l’Academia Montis Regalis, nell’ambito del Progetto Mondovì Musica. Ne è ideatore e coordinatore responsabile il critico musicale Bruno Baudissone. Al premio, di grande prestigio, si danno convegno – ad ogni edizione – le più prestigiose voci della lirica italiana.