L’epopea dei fratelli Ceirano, agli albori dell’industria automobilistica torinese
Tra i nomi più importanti del periodo “pionieristico” dell’industria automobilistica, in cui l’auto era considerata un bene di lusso, inaccessibile alla massa, spiccano i fratelli Ceirano, esponenti di una famiglia di geni della meccanica, emblema dell’intraprendenza e dell’ingegno piemontese. A loro si deve la realizzazione di un numero sorprendente di iniziative d’impresa, destinate a imprimere una svolta allo sviluppo dell’automobile. L’epopea di questa famiglia, come racconta Manuela Vetrano nel suo interessante blog di memorie cimiteriali “La Civetta di Torino”, è stata di recente omaggiata con la posa nel 2017 di un cippo commemorativo in diorite e granito all’interno del Cimitero Generale (oggi noto come Monumentale) di Torino, voluto e finanziato dall’Associazione R.A.C.I.-Registro Ancêtres Club Italia, composta da collezionisti di vetture d’epoca.
Giovanni Battista, il maggiore dei quattro fratelli Ceirano, era un fabbricante di biciclette chiamate Welleyes, che produceva su licenza della ditta inglese Rudge nell’officina insediata nello stabile di proprietà di Giuseppe Lancia, padre del più celebre Vincenzo, sita al civico 9 di corso Vittorio Emanuele II. Il nome inglese Welleyes, per la presa che aveva sul pubblico, venne adottato per designare il primo modello di vetturetta automobile che il Ceirano iniziò a produrre in società con il conte Emanuele Cacherano di Bricherasio sotto l’insegna della Ceirano & C., meglio nota come Accomandita Ceirano.Facevano parte della squadra l’ingegnere Aristide Faccioli, un genio “della progettazione e della sperimentazione”, il giovane Vincenzo Lancia, che nell’officina di corso Vittorio aveva appreso i rudimenti della meccanica, ma che entrò in società con l’iniziale mansione di contabile, e il tecnico collaudatore Felice Nazzaro, altra gloria torinese della nascente industria dell’auto, che divenne popolare vincendo due edizioni della “Targa Florio” (1907 e 1913). Con la Welleyes, pilotata da Cesare Goria-Gatti, si conseguirono brillanti risultati nella “Torino-Alessandria-Torino” del 1898, tra le prime corse automobilistiche organizzate in Europa (la prima assoluta in Italia fu la “Torino-Asti-Torino” del 1895).
L’iniziativa del Ceirano era destinata a influire sulla nascita della Fiat, perché con un successivo contratto Giovanni Battista Ceirano e Aristide Faccioli, in accordo con l’avvocato Cesare Goria-Gatti, che agiva in nome e per conto del conte Bricherasio, cedettero brevetti e attrezzature alla neo-costituita Fabbrica Italiana Automobili Torino, che mise pertanto in produzione la prima “vettura automobile” utilizzando disegni e know-how nati in seno alla Ceirano & C. Il ruolo da protagonista del conte Bricherasio nelle vicende costitutive della Fiat, che assorbì la Accomandita Ceirano con brevetti, progettisti e personale formato, trova riconoscimento nel quadro che venne commissionato nel 1907 dalla famiglia Bricherasio al pittore Lorenzo Delleani per immortalare i primi investitori e azionisti intenti a firmare l’atto costituivo della società. La scritta apposta sulla cornice dell’opera indica infatti nel nobiluomo piemontese l’”ideatore e primo propugnatore” dell’iniziativa e le stesse modalità di rappresentazione dei “nove padri fondatori” sono congegnate dal Delleani in maniera tale da mettere in risalto la figura del Cacherano di Bricherasio, in posizione dominante sugli altri, vestito di bianco e non di grigio o in scuro e l’unico ad essere immortalato proprio all’atto della firma.
A proposito della tragica fine del Cacherano di Bricherasio, lo scrittore torinese Giorgio Caponetti nel libro “Quando l’automobile uccise la cavalleria“ ripercorre le circostanze non chiare in cui avvenne la morte, il 3 ottobre 1904, alla vigilia d’un importante consiglio di amministrazione aziendale. Il conte fu rinvenuto già cadavere, secondo la versione ufficiale suicidatosi con un colpo di pistola alla testa, nelle vicinanze del Castello ducale di Agliè, dove si trovava ospite del duca Tommaso di Savoia-Genova e della consorte Isabella di Baviera. In considerazione del luogo dove si consumò il fatto, il castello del cugino del re, non venne mai condotta nessuna inchiesta né eseguita alcuna autopsia, e ciò alimentò voci e sospetti. C’è chi volle ricercare le cause del gesto suicida in una relazione sentimentale clandestina intrecciata dal conte con una donna legata alla Casa reale e chi ipotizzò addirittura un omicidio su commissione, ma ovviamente senza possibilità di provarlo.
Sul monumento funebre del Bricherasio, realizzato dallo scultore Leonardo Bistolfi e posto nella cripta della tomba di famiglia a Fubine nell’alessandrino, si legge la scritta “diresse la vita troppo breve per la vastità del sogno…“, allusione a un’esistenza densa di interessi e di progetti, ma conclusasi prematuramente. All’interno della cappella Bricherasio a Fubine sono deposte anche le ceneri del famoso capitano Federigo Caprilli, ideatore del “Sistema Naturale di Equitazione“, cioè del moderno modo di montare a cavallo, cognato, amico intimo e confidente del Bricherasio (ne aveva sposato la sorella, Sofia). L’ufficiale morì tre anni dopo il Bricherasio, a 39 anni, per uno strano incidente: una sera d’inverno, al principio del dicembre 1907, in una Torino innevata, fu visto barcollare e cadere da cavallo lungo il corso duca di Genova (oggi corso Stati Uniti). Soccorso, venne ritrovato con una frattura alla nuca e spirò dopo poche ore d’agonia.
Tornando ai Ceirano, l’epopea della famiglia si arricchì nel corso degli anni di un ventaglio impressionante di iniziative, in cui si impegnarono soprattutto tre dei quattro fratelli, Giovanni Battista, Matteo e Giovanni, mentre Ernesto, il più giovane, ebbe sempre un ruolo più defilato. Nello stesso anno, il 1903, Giovanni Battista Ceirano, che nel frattempo aveva rinunciato all’incarico di agente generale per le vendite di Fiat in Italia, diede vita alla Società Torinese Automobili Rapid (S.T.A.R.) e il fratello Matteo costituì la Matteo Ceirano & C, con officine nel cuore di San Salvario, in via Petrarca 29-31, azienda che nel 1904 mutò ragione sociale in Società Anonima Itala – Fabbrica Automobili. Le vetture marca Itala acquisirono presto fama internazionale, conquistando mercati esteri, grazie a mirabolanti imprese sportive: in particolare, il conseguimento del primo e secondo posto alla Targa Florio del 1906 e la strepitosa vittoria ottenuta nel raid Pechino-Parigi del 1907, la più lunga gara automobilistica di tutti i tempi, promossa dal quotidiano francese “Le Matin”. L’equipaggio della Itala era formato dal principe Scipione Borghese, il meccanico Ettore Guizzardi e il giornalista Luigi Barzini, inviato del Corriere della Sera, che percorsero in 60 giorni circa 16.000 Km, tagliando il traguardo di Parigi con venti giorni di anticipo rispetto ai secondi classificati. La società Itala superò la crisi del 1907, ma non sopravvisse di molto ai travagli del periodo successivo alla Grande Guerra, cessando ogni attività dopo alterne vicende nel 1935.
Con l’apporto di Michele Ansaldi, costruttore di auto che aveva ceduto a Giovanni Agnelli senior la quota azionaria della propria azienda, la Ansaldi, Matteo Ceirano, lasciata l’Itala, fondò nel 1906 la Società Piemontese Automobili (SPA), con sede in Borgo San Paolo, specializzandosi nella produzione di vetture da turismo e poi di motori per aerei e autocarri, competenza che consentì all’azienda, acquistata da Fiat nel 1926, di diventare la più grande fornitrice di automezzi speciali all’esercito italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. Il fratello Giovanni Ceirano fondò invece nel 1904 la Junior – Fabbrica Torinese di Automobili, cui di lì a poco, nel 1906, si affiancò la SCAT, Società Ceirano Automobili Torino, che dall’originario stabilimento situato tra via Madama Cristina e corso Raffaello si trasferì nel 1914 nella nuova sede in Barriera di Francia (piazza Rivoli), requisita poi nel 1935 e adibita a caserma dell’esercito (attuale Caserma “Carlo Amione”). In questa fabbrica, progettata in stile Art Nouveau, si produsse la vettura modello “150”, nota come “Ceiranina”, apprezzata per le brillanti prestazioni.