L’eringio, un fiore per sempre: dal mare ai monti, dalle aspre coste ai morbidi campi di collina
L’eringio è fiore d’estate, fiore per l’inverno, fiore per sempre dal mare ai monti, dalle aspre coste ai morbidi campi di collina, è il fiore rude e aspro, bello ed eretto d’un colore azzurro, dalla tonalità tersa metallica, un po’ peloso come la pregiata stella alpina, ma molto più slanciato con i suoi capolini che adesso sono maturi e consistenti, questi si tagliano e si appendono per farli seccare e serviranno per rallegrare d’inverno.
Un tempo cresceva nei prati di montagna e fra rocce, ma pare che gli estimatori lo abbiano quasi estinto, chi invece lo conosce bene in compenso cerca di coltivarlo nei giardini, con poca fortuna perché i sarchiatori di giardini, poi si dimenticano dei suoi rari capolini scomparsi, sovente li scambiano per erbaccia spinosa, dacché somiglia al cardone e, dannazione, li estirpano. Si devono ripiantare sempre queste stelle azzurre splendide, perché ogni volta private del loro stendardo di riconoscimento sono in pericolo, ridiventano l’erbaccia cenerentola. Speriamo di anno in anno che l’acutezza comprensiva di qualche produttore appassionato le salvi e si vedano più spesso in giro anche da noi. Tra appassionati, e non, questa piantina ha veramente vita dura.
Permettiamoci una annotazione grottesca e ironica a favore dei cardoni e sul prevalente gusto comune per le piante buone e le piante cattive. Quasi che tutto debba assumere una caratteristica commestibile o a persistenza fiorifera, quindi, pianta riconosciuta per i suoi fiori, oppure cattiva perché infestante. È vero che ogni buon floricultore consiglia di estirpare subito le erbacce perché altrimenti si moltiplicano; se ce n’è una in giardino che matura i suoi semi l’anno successivo ci sarà una bella riproduzione non gradita, (perciò basta tagliare il capolino con i semi). Le vere pessime infestanti, né fuoco, né cemento, né diserbo le distrugge, basta una barbina di radice ed eccola figliare sotterra come un razzo.
Però, a furia di togliere, dovremo andare negli orti botanici a vedere la piantaggine e il crisantemo selvatico e tante altre abusive cacciate dai nostri orti e dai prati. Finalmente vedremo sviluppato appieno quel finto cardo selvatico che si traveste da carciofo per sopravvivere, assieme ai suoi più stretti parenti infestanti; com’è divertente e istruttivo vederseli lì in apposite aiuole tutte per loro e sono belli da vedere, stranissimi e spaesati come creature selvatiche in cattività.