L’oro del Piemonte: dai leggendari cercatori di pepite ai campionati mondiali
Tra i più conosciuti studiosi che si sono interessati a tutto ciò che riguarda l’oro che si trova in natura, di cui parecchio nei fiumi del Piemonte, c’è il geologo e ricercatore Giuseppe Pipino, il quale, inoltre, ha allestito un museo dedicato, che ha cambiato più volte sede. All’interno la storia racconta di giacimenti auriferi italiani, attraverso documenti che risalgono al Cinquecento, carte topografiche antiche e più recenti, una corposa raccolta bibliografica, giornali, manifesti, fotografie, campioni d’oro, e oggetti d’uso quali piatti e canalette in legno utilizzati nei primi decenni del Novecento.
Erano i cercatori dell’Orba, dell’Orco, dell’Elvo, della Sesia e del Ticino, principalmente, i protagonisti di giornate avventurose alla ricerca dell’oro, che si trovava nelle sabbie aurifere sfruttate dall’antichità a oggi.
Nominato anche Eva d’òr, Acqua d’oro, l’Orco scorre per circa 90 km nella valle omonima, e poi nel Canavese occidentale. Fonte di reddito per numerosi nuclei familiari che scovavano con pazienza le pagliuzze d’oro, è da sempe testimone di storie di uomini e donne. Una di queste riguarda Candida Ricchiardi, l’ultracentenaria scomparsa, cercatrice d’oro. Fino agli Anni Quaranta del Novecento la vita di questa donna è stata legata al torrente, tramandando, insieme col marito, la passione per la ricerca al figlio.
Giovanni Vautero di Feletto Canavese, oltre ad aver avuto come madre Candida Ricchiardi, è stato la memoria storica di questa tradizione, che, in Piemonte, risale ai Romani, i quali lo estraevano nella zona della Bessa Biellese e nella Valle del Gorzente. Vautero, vincitore di competizioni internazionali, ex assessore del paese, e promotore dell’associazione “La via dell’acqua d’oro”, che trasmette ai giovani la passione dell’antico cercatore, spiegava che quando si sente il richiamo del torrente in piena, allora è il momento d’iniziare la caccia, perché sotto le pietre che rotolano c’è l’oro.
Dai racconti del pescatore d’oro, che portava al collo una pepita, spuntava un mondo fatto di carovane che giungevano in paese per comprare l’oro quando era bambino, poi di sveglie all’alba, di batea di noce, il piatto utilizzato per raccogliere il materiale, di zaini, e di stivali al ginocchio. Inizia a sei anni, seguendo il padre e il nonno, che si recavano al bar del paese per scambiare l’oro trovato nell’Orco, puro a 24 carati.
Attualmente esistono ancora persone, adulti e bambini, appasionate di questa ricerca, e c’è anche chi partecipa ai C”ampionati mondiali cercatori d’oro”. Inoltre, il museo dell’Oro e della Bessa a Zubiena, in provincia di Biella, raccoglie e documenta 2 mila anni di ricerca dell’oro nell’Italia del Nord, e dell’antica miniera della Bessa.