Nati il 1° maggio: Eusebio Giambone, martire della Resistenza
Nato a Camagna Monferrato in provincia di Alessandria il 1° maggio 1903, Eusebio Giambone è figlio di un dipendente delle ferrovie. Con la famiglia (mamma, papà e quattro fratelli), si trasferisce a Torino in tenera età. Dopo aver frequentato le scuole tecniche trova lavoro come tornitore in una piccola officina. Cresciuto in Borgo San Paolo, entra giovanissimo nelle file della Gioventù socialista, per aderire poi al Partito comunista d’Italia. Nel primo dopoguerra, membro della Gioventù socialista, ha modo di conoscere Antonio Gramsci e il gruppo di militanti organizzati intorno a L’Ordine Nuovo.
Nel 1923, dopo le violenze dei fascisti di Brandimarte a Torino, è costretto a riparare in Francia. Vi resta per numerosi anni e per tutto quel tempo è uno dei dirigenti, nella regione del Rodano, dell’Unione popolare italiana che organizza i nostri emigrati. Nel 1937 Giambone è colpito dalla morte di uno dei suoi quattro fratelli, Vitale, caduto in Spagna combattendo a Huesca contro i franchisti. Nell’inverno del 1940 Eusebio viene arrestato a Lione, dove abita con la famiglia, incarcerato e poi internato nel campo del Vernet. In seguito alla creazione del governo collaborazionista di Vichy, nel 1941 viene rimandato in Italia e rinchiuso nelle carceri Nuove di Torino. Successivamente è inviato al confino a Castelbaronia (Avellino) con la famiglia.
Nell’estate del 1943, pur avendo la possibilità di attendere in Campania l’imminente arrivo degli Alleati, decide di raggiungere Torino che raggiunge dopo un viaggio avventuroso. Qui riprende subito l’attività politica e, dopo l’armistizio, cura l’organizzazione della Resistenza nelle fabbriche della città. Il 31 marzo del 1944, catturato dalla polizia fascista con altri membri del Comitato, gravemente compromesso dai documenti che gli sono stati trovati indosso, sa affrontare con grande coraggio gli interrogatori e il processo, rivendicando il diritto di battersi per la libertà.
Prima di essere fucilato, con sette dei suoi compagni di lotta, da un plotone di militi della Guardia Nazionale Repubblicana al Poligono del Martinetto, Giambone scrive alla moglie Luisa e alla figlia Gisella due lettere, che rimangono tra i documenti più elevati della Resistenza e che, nel 1952, sono state pubblicate nel volume “Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana”.
Dopo la fucilazione di Eusebio Giambone, hanno preso il suo nome la XIX Brigata Garibaldi e un distaccamento della 181ª. È sepolto nel Cimitero monumentale di Torino. Insignito della Medaglia d’oro al valor militare, Torino gli ha intitolato un corso ed è ricordato da una lapide in via Fattori.