Nati il 13 settembre: l’astigiano Giovanni Pastrone, il genio del cinema muto
E’ stato un pioniere del cinema italiano. Il più grande e illuminato nell’era del muto torinese. Facile indovinare di chi tratta e non potrebbe essere altrimenti: Giovanni Pastrone. Il futuro deus ex machina dell’Itala Film nasce ad Asti il 13 settembre 1882 , primogenito di Gustavo Ernesto e Luigia Mensio, seguito dalla sorella Marina e dal fratello Alberto. Il padre è titolare titolare di un negozio di tessuti nella centralissima via Aliberti e desidera per il figlio un futuro nel commercio, sebbene questi fin da piccolo manifesti una grande passione per la musica, in particolare per il violino. Quando Giovanni, all’età di tredici anni, termina gli studi elementari, viene iscritto alla sezione commercio dell’Istituto tecnico Giobert, dove si diploma nel luglio 1899. Ottiene, però, di poter frequentare anche il Conservatorio di Torino, coltivando così il temperamento dell’artista unitamente all’abilità del contabile e sviluppando la capacità di coniugare arte e commercio che segnerà buona parte della sua vita.
Pur conservando un forte legame con la città natale, alla quale torna frequentemente, Pastrone si trasferisce a Torino dove nel 1903 sposa Anna Maria Prat, sua fedele compagna per tutta la vita e madre dell’unico figlio Luigi. Nella capitale sabauda, a ventiquattro anni viene assunto come contabile alla Rossi & C., società di produzione e commercio di pellicole cinematografiche. In poco tempo diviene mandatario speciale del titolare Carlo Rossi. Scioltasi la società nel gennaio 1908, a causa di dissapori tra Rossi e il socio Guglielmo Remmert, pochi mesi dopo viene costituita la Itala Film, finanziata dallo stesso Remmert, nella quale Pastrone assume il ruolo di direttore artistico.
Entusiasta e intraprendente, l’esuberante astigiano comincia a scrivere soggetti, disegna costumi e scenografie, lancia attori. Tenta persino il cinema a pupazzi animati. Soprattutto si dedica a ricerche tecniche, perfezionando gli apparecchi di ripresa e di montaggio allora esistenti e creando nuovi brevetti, alcuni dei quali ancor oggi in uso. L’opera cinematografica di Pastrone porta ai massimi livelli la Itala Film, che produce nel 1910 La caduta di Troia, una pellicola lunga ben 600 metri che viene proiettata senza interruzione in mezz’ora di spettacolo, cosa mai avvenuta prima.
Grazie a Pastrone il cinema italiano d’allora attraversa un periodo di grande splendore, che culmina con il film Cabiria (1914), il kolossal, al quale collabora anche Gabriele D’Annunzio. Kolossal che nasce all’insegna dell’innovazione. In effetti, le riprese vengono fatte in movimento e non più a immagine fissa, dando alla scena grande profondità di spazio. Cabiria è uno dei film più costosi del periodo, circa un milione e 250.000 lire in oro, tra esterni girati in Tunisia, sulle Alpi e in Sicilia e costumi di scena. Epica è la sequenza della traversata delle Alpi compiuta dall’esercito di Annibale. Il successo del film, che dà vita a un filone (quello mitologico) destinato a durare per oltre mezzo secolo, è enorme tant’è che rimane in prima visione per circa un anno a New York e per sei mesi a Parigi.
Insieme a Cabiria riscuote molto successo anche la figura di Maciste il personaggio interpretato da Bartolomeo Pagano, un ex scaricatore di porto di Genova scoperto da Pastrone. La popolarità è tale da rendere il personaggio stesso di Maciste protagonista di molte altre produzioni cinematografiche future. Durante questo periodo, sotto lo pseudonimo di Piero Fosco, Pastrone dirige altri film: Il fuoco (1915), Tigre reale (1916), basato sul romanzo di Giovanni Verga, e Hedda Gabler (1919), tratto dal dramma omonimo di Henrik Ibsen. Numerosi sono anche i procedimenti tecnici che egli affina nel corsod egli anni. Inventa, ad esempio, e brevetta il “fixité”, un procedimento per impedire lo slittamento della pellicola, ed è suo il primo utilizzo del “carrello” (anche noto come “dolly”), per effettuare riprese in movimento. Crea anche un circuito di sale cinematografiche per la distribuzione di centinaia di sue pellicole, comiche e drammatiche, tra cui molte uscite anonime per contrastare la concorrenza.
Nel 1919, all’apice del successo, abbandona l’attività cinematografica e l’Itala Film, che viene assorbita da un’altra compagnia, rifiutando numerose offerte di lavoro per dedicarsi a studi ed esperimenti di medicina, affiancate da due medici nel suo studio di corso Moncalieri a Torino. Inventa anche una macchina guaritrice, sostenendo una teoria medica che uniforma tutte la malattie a un unico ceppo comune, vero elemento da debellare. Da quel momento non si interesserà più di cinema, se non sporadicamente, fino al 1931, quando accetterà di fare da supervisore nell’arrangiamento musicale della sua Cabiria. Con l’aggravarsi della sue condizioni di salute, in seguito ad una caduta, muore a Torino il 27 giugno del 1959. A lui è dedicata una via torinese in Barriera di Milano.
Piero Abrate