Nati il 21 novembre: Cesare Balbo, storico letterato e politico torinese
Figlio di Prospero Balbo, già sindaco di Torino e ambasciatore a Parigi, e di Enrichetta Taparelli d’Azeglio, il conte Cesare Balbo, nasce nella città sabauda il 21 novembre 1789. E’ così che viene a contatto con le nuove teorie illuministiche che, in quegli anni, stanno prendendo sempre più piede nei maggiori centri culturali europei. In questi stessi anni è forte l’influsso culturale e letterario di Vittorio Alfieri, ed il fermento patriottico che porta il giovane Balbo a fondare nel 1804 l’Accademia dei Concordi, con altri giovani letterati con i quali condivide gli ideali liberal-moderati.
Nell’ottobre del 1807 viene nominato uditore al Consiglio di Stato, poi segretario generale della giunta Governativa di Toscana, quindi inviato a Roma per riordinare lo Stato pontificio e adattarlo al regime napoleonico. La caduta di Napoleone allontana, per vari anni, Balbo dalla vita politica e nel 1817 segue il padre in Spagna. E’ proprio in questo periodo che, attraverso gli studi storici, si forma il suo ideale politico. Si avvicina alla monarchia dei Savoia sperando che l’Italia possa assumere le fattezze di una confederazione guidata dal Re: la delusione derivata dall’ambiente regale e, parallelamente, l’insoddisfazione per la fazione opposta, lo portano ad un periodo (dal 1821 al 1844) di esilio totale.
Gli scritti prodotti in quegli anni, gli consentono però un successivo riavvicinamento con Carlo Alberto, tanto che questi decide di affidargli l’incarico di guidare il primo gabinetto costituzionale nel 1848. Una delle sue caratteristiche principali è la volontà di indipendenza dallo straniero, tanto che identifica nella dominazione austriaca il maggior ostacolo all’attuazione di una confederazione tra gli stati italiani.
Le sue posizioni di apertura nei confronti della Chiesa e del clero, lo ostacolano successivamente nei rapporti con il cugino Massimo D’Azeglio e Cavour, tanto che nel 1852 si ritira dalla vita politica per dedicarsi alla letteratura, cui però può dedicarsi solo un anno prima della morte avvenuta il 3 giugno 1853.
Tra i suoi scritti, per lo più matrice storica e politica, oltre che filosofica, si ricordano: Memorie sulla rivoluzione (1821); Storia d’Italia sotto i barbari, cioè dal 476 al 774 (1830),; Pensieri ed esempi di morale e di politica (scritti nel 1832-1833 e pubblicati postumi nel 1854); Vita di Dante (1839); Meditazioni storiche (1842-1845); Sommario della storia d’Italia (1846); Della monarchia rappresentativa in Italia (pubblicata postuma nel 1857).