Nati il 29 luglio: la torinese Teresa Noce, tra i fondatori del PCI, fece parte della Costituente
Teresa Noce nasce a Torino il 29 luglio 1900 in una famiglia di modestissime condizioni economiche, Dopo che il padre abbandona il tetto coniugale viene allevata insieme con il fratello, di qualche anno più grande, dalla madre. Costretta dalle circostanze a lasciare molto presto la scuola e a rinunciare al sogno di fare la maestra, prosegue la sua istruzione da autodidatta, leggendo sempre, anche mentre svolge vari mestieri, tra cui quello di sartina, di operaia in un biscottificio e, durante la Grande guerra, di tornitrice alla Fiat Brevetti.
Dopo la morte della madre per malattia e quella del fratello in guerra, si ritrova sola e fa dell’impegno politico la sua ragione di vita. Si impegna nel Partito socialista italiano, dando vita nel 1919 con altri compagni al circolo giovanile socialista torinese, poi aderisce sin dalla sua fondazione, nel 1921, al Partito comunista d’Italia. Lì conosce Luigi Longo, studente di ingegneria, destinato a diventare un dirigente politico di primo piano. Inizia poco dopo la loro storia d’amore. Quando si accorge di essere incinta però, Teresa deve fare i conti con la famiglia di lui che è contraria al matrimonio. La coppia deve attendere due anni (a quei tempi per sposarsi prima dei 25 anni è necessario il consenso dei genitori) prima di convolare a nozze. Avrà tre figli, uno dei quali morirà in tenera età.
Nel gennaio 1926 i due espatriano, stabilendosi prima a Mosca e poi a Parigi. Da qui Teresa Noce compie numerosi viaggi clandestini in Italia per svolgervi propaganda e attività antifascista. Nei primi Anni Trenta torna a Mosca con Longo e quindi nuovamente a Parigi, dove partecipa, con Xenia Silberberg, alla fondazione del giornale Noi donne, inizialmente costretto a uscire come foglio clandestino. Nel 1936 insieme con il marito si reca in Spagna tra i volontari accorsi in difesa della Repubblica dopo lo scoppio della Guerra civile spagnola, nel corso della quale cura la redazione del giornale degli italiani combattenti nelle Brigate internazionali, Il volontario della libertà. Lì assume il nome di battaglia di Estella.
Rientrata in Francia, nel 1937 pubblica Gioventù senza sole, romanzo autobiografico dedicato al racconto della sua giovinezza torinese. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale viene internata nel campo di Rieucros: viene liberata per intervento delle autorità sovietiche e autorizzata a ritornare a Mosca, dove vivono i figli. Viaggio che non può compiere per l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica del 1941. Rimane in Francia e a Marsiglia inizia a lavorare per il Partito comunista francese come responsabile della “Mano d’opera immigrata (MOI). Partecipa alla Resistenza e nel 1943 venne arrestata: dopo alcuni mesi di carcerazione è deportata in Germania, prima a Ravensbrück, poi in Baviera, a Flossenbürg e infine a Holleischen, dove è adibita ai lavori forzati in una fabbrica di munizioni. Qui rimane fino alla liberazione del campo da parte dell’esercito sovietico.
Dopo la guerra torna in Italia Il 2 giugno 1946 è tra le 21 donne elette all’Assemblea costituente. Dal 1947 diviene segretaria nazionale della FIOT, il sindacato delle operaie tessili e nel 1948 viene eletta alla Camera nella prima legislatura del Parlamento repubblicano. A lei si deve la proposta di legge in difesa della maternità, divenuta nel 1950 legge 860 per la “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”. Questa norma costituirà la base della legislazione sul lavoro femminile fino alle leggi degli anni Settanta sulla parità tra donne e uomini.
L’impegno sindacale porta Teresa Noce a ricoprire l’incarico di presidente dell’Unione Internazionale Sindacale dei Lavoratori tessili e dell’abbigliamento (UISTA). Nel 1953 il marito Luigi Longo ottiene l’annullamento del matrimonio a San Marino, presentando un documento che contiene una sua firma contraffatta. Nelle sue memorie la donna riporta di avere appreso questo fatto dalle pagine del Corriere della Sera e che per lei rappresenta un evento “grave e doloroso più del carcere, più della deportazione”. La sua decisione di rivolgersi alla Commissione Centrale di Controllo del PCI con l’intento di denunciare il comportamento di Longo è considerata inopportuna da una parte del gruppo dirigente del partito e questo determina la sua esclusione dalla Direzione.
Nel 1954 si allontana dalla politica attiva ritirandosi gradualmente a vita privata. Vent’anni dopo pubblica la sua autobiografia, Rivoluzionaria professionale, che racconta, insieme alla sua storia personale, la vicenda del Partito comunista italiano dalla sua fondazione. Muore a Bologna all’età di 79 anni il 22 gennaio 1980.