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Nati il 3 ottobre: lo scienziato monregalese Giovanni Battista Beccaria

Può essere considerato, senza ombra di dubbi il padre dell’elettricismo italiano. Uno scienziato capace di spezzare la consolidata tradizione di scuola aristotelica imperante da oltre duemila anni. Come scrisse Marina Jarre in un suo romanzo«era considerato un mago dal popolino quel frate di Mondovì che abitava all’inizio di via Po (una stanza che fu incorporata nell’Hotel Londra sopra il Caffè Dilei) e che aveva impiantato in una torretta un piccolo osservatorio di meteorologia e di astronomia sormontato da una spranga di ferro: il primo parafulmine italiano.

Nasce a Mondovì il 3 ottobre 1716 Francesco Ludovico Beccaria da una modesta famiglia. Ma il suo nome diventa ben presto Giobattista o Giovanni Battista che assume quando, giovanissimo, prende i voti all’Istituto religioso degli Scolopi di Mondovì, dove inizia ad utilizzarlo per firmare i suoi primi scritti. E’ anche in quel periodo che compie studi approfonditi sulla fisica, orientandosi principalmente sulle nuove teorie e sulle sperimentazioni newtoniane. Dal 1740 viene infatti mandato a insegnare presso le scuole scolope di Narni, Urbino, Palermo e Roma. Nel 1748 è chiamato dal Re Carlo Emanuele III a sostituire il monaco Padre Francesco Antonio Garro sulla cattedra di fisica sperimentale dell’Università di Torino. La sua linea di pensiero inizia a discostarsi da quella che era l’ideologia prevalente all’interno dell’Ateneo torinese, ancora radicata su posizioni dogmatiche; lo scienziato piemontese privilegia invece il metodo sperimentale rispetto alla “fisica cartesiana”, di matrice razionalistica. Le teorie basilari della fisica moderna, quali l’ottica newtoniana o la meccanica galileiana cominciano finalmente ad attecchire anche negli ambienti accademici italiani, in sintonia con ciò che stava accadendo nel resto d’Europa.

Beccaria comincia insegnando una fisica galileiana impregnata di sperimentalismo e raccoglie attorno a sé una cerchia di giovani, tra i quali Giovanni Francesco Cigna, Luigi Lagrange, Giuseppe Angelo Saluzzo, che nel 1757 fondano l’Accademia delle Scienze di Torino. Il frate moregalese comprende le nuove interpretazioni sull’elettricità ideate da Beniamino Franklin arrivate dall’America, allora colonia dell’Inghilterra. Tra i due nacque un’intensa sintonia, sebbene Beniamino e Giovanbatista non si sarebbero mai conosciuti di persona. Una sintonia che dura trent’anni, con un fitto scambio di corrispondenza, anche di carattere personale. Beccaria diviene l’interprete delle idee di Franklin, arricchendole di nuovi significati ed inquadrandole in maniera coerente. Non è tuttavia un mero traduttore: egli da dignità di scienza a una congerie d’osservazioni e d’ipotesi.

La prima grande opera di Beccaria è Dell’elettricismo naturale e artificiale (1753), che si gli valse l’ammirazione e le lodi di Franklin e Joseph Priestley. Importanti sono poi Dell’elettricismo (1758), Experimenta atque observationes quibus electricitatis vindex late constituitur atque explicatur (1769), Elettricismo artificiale di G.B. Beccaria (1772), che nel 1774 fu tradotto in inglese, e Dell’elettricità terrestre atmosferica (1775). Grazie alla diffusione di questi testi Beccaria viene considerato in Europa come l’uomo che sa abbinare teoria e pratica. In particolare nel progetto e realizzazione della prima macchina basata sul nuovo fenomeno: il parafulmine. Con la sua nuova invenzione difende così San Marco a Venezia, il Palazzo del Quirinale a Roma, il duomo di Milano, ma anche polveriere e navi della repubblica di San Marco.

Beccaria apporta anche un significativo contributo alla conoscenza geografica grazie alla misurazione del gradus taurinensis. La questione è quella della misura del grado di meridiano terrestre, a cui attende per incarico di Carlo Emanuele III, consigliato in tal senso da Ruggero Boscovich. Da tale misura si deva poter dedurre la grandezza della terra, cioè la circonferenza equatoriale e, sulla base dei risultati alle diverse latitudini, il grado dello schiacciamento polare Le ricerche, condotte assieme con il suo assistente e allievo Domenico Canonica, tra 1760 e 1774 sembrano rappresentare la condizione teorica dell’impresa della «Grande Operazione» della Carta Generale dello Stato avviata dal 1767 dall’Ufficio Topografico. Il gradus taurinensis misurato dal Beccaria dà risultati inaspettati e che stravolgono quelli accettati fino a quel momento. Di fatto Beccaria ricalcola la lunghezza dell’intero meridiano terrestre in 40.332 km  contro i 40.009 appurati fino a quel momento.

La lapide in onore di Beccaria sulla Torre civica del Belvedere a Mondovì

Oltre ad occuparsi di elettrologia, Beccaria è anche un cultore di discipline umanistiche come la letteratura latina, che predilige rispetto alle altre, la poesia e l’arte. Muore a Torino il 27 maggio 1781, proprio mentre sta lavorando ad un trattato sulle meteore, dopo essere stato colpito da una lunga e dolorosa malattia, durante la quale aveva ricevuto il supporto delle maggiori autorità dell’epoca.

A Beccaria il Comune di Torino ha intitolato un piccolo tratto di corso (un centinaio di metri), proseguimento di corso San Martino tra il giardinetto dell’obelisco di piazza Statuto e corso Principe Eugenio. La piazza su cui sorge il Municipio di Andrate è stata intitolata a suo nome, e nella chiesa parrocchiale antistante, sulla parete a sinistra dell’altare, si può osservare una lapide di marmo che riporta incise le seguenti parole: «Il Padre Giovanni Battista Beccaria già nel 1762 osservava le stelle da questo foro col suo Settore Zenitale…». Un suo ritratto viene inoltre gelosamente custodito nella parrocchia della cittadina dll’Eporediese.

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