Il “salotto” di Torino e il Caffè San Carlo compiono 400 anni: furono inaugurati nel 1618
In piazza San Carlo lo storico caffè sta per compiere ufficialmente 200 anni, ma le sue origini protrebbero essere ancora più antiche, e risalire addirittura al XVII secolo quando la piazza venne inaugurata da Madama Cristina di Francia. Il locale è da sempre specchio e testimone delle vicende gloriose e dolorose della città: nell’Ottocento il locale venne chiuso a più riprese, per la frequentazione di patrioti accusati di sospetta attività sovversiva
Nel corso dei secoli, e con l’avvicendarsi degli eventi storici, piazza San Carlo, il “salotto” di Torino, ha cambiato spesso il proprio nome: inaugurata nel 1618 (esattamente 400 anni fa) dalla reggente Madama Cristina di Francia, vedova di Vittorio Amedeo I, venne chiamata dapprima Piazza Reale, o Place Royale, in lingua d’oltralpe, vista la stretta politica filo-francese condotta da Cristina, sorella di Luigi XIII, re di Francia, nonché figlia di Enrico IV e della sua seconda moglie Maria De Medici. Questo nome si mantenne fino al 1650. Poi, per un secolo, e precisamente fino al 1750, piazza San Carlo venne chiamata piazza d’Armi (o piazza d’Arme), in quanto rappresentava un passaggio obbligato e un luogo di raduno delle truppe del ducato, negli spostamenti tra piazza Castello e la Cittadella.
A partire dal 1750 (tranne il periodo di occupazione napoleonica in cui venne rinominata place Napoléon), piazza San Carlo assunse il nome attuale. Gli eventi storici incalzano, ma certi riferimenti restano, come se fossero segnati dal destino. All’angolo di piazza San Carlo con via Santa Teresa, un caffè dev’esserci stato da sempre, se è vero che nel 1822, data a cui si attribuisce l’apertura ufficiale dell’attuale Caffè San Carlo, quel locale venne chiamato “Caffè di Piazza d’Armi”, in omaggio al vecchio toponimo della piazza, oppure in memoria di un probabile preesistente locale che il popolo già da molti decenni aveva chiamato così. Sta di fatto che il nuovo “Caffè di Piazza d’Armi” divenne subito uno dei più frequentati centri di ritrovo degli intellettuali progressisti e riformisti torinesi, in contrapposizione con i salotti più conservatori di altri locali storici della città. Tra gli avventori, c’erano anche alcuni scapigliati, docenti universitari, giornalisti, scrittori, poeti ed artisti.
Tenuto sotto controllo dalla polizia del regno, il locale venne chiuso a più riprese, per la frequentazione di patrioti accusati di sospetta (o provata) attività sovversiva. Nel 1837 il Caffè venne rilevato dalla famiglia Vassallo (il locale venne chiamato, appunto, Caffè Vassallo) che – prima della riapertura – si attivò per realizzare al suo interno importanti lavori di restauro e di decorazione (su progetto dell’architetto Leoni). Ulteriori abbellimenti vennero condotti tra il 1839 e il 1840, con interventi nel salone centrale, affidati al pittore Rodolfo Morgari e al Borra. La decorazione dell’adiacente intima saletta rettangolare, di gusto neoclassico, fu realizzata invece nel 1851 dal pittore Pietro Spintz e da Giacomo Beltrami.
Pare che, in questo nuovo locale appena restaurato, Alessandro Dumas avesse gustato il suo primo bicerin nel corso del suo soggiorno torinese del 1852. Ne divenne talmente ghiotto, che questo “primato” è oggi rivendicato anche da altri locali storici torinesi: probabilmente perché il grande scrittore francese aveva voluto assaporarlo anche altrove, magari per confrontarne il sapore, e stabilire quale fosse – ardua impresa! – tra tutti quello migliore. Qualche decennio più tardi, seduto ad un tavolino di questo storico caffè torinese, sembra che il Duca degli Abruzzi (Luigi Amedeo di Savoia-Aosta), con l’ammiraglio Umberto Cagni, avesse progettato la storica spedizione nell’Antartide del 1899 a bordo della Stella Polare.
Fu solo ad inizio Novecento che il locale prese il nome di Caffè San Carlo: fu il primo locale d’Europa ad essere illuminato da lampioni a gas, e continuò ad essere un riferimento abituale per molti intellettuali, artisti, scrittori e politici, come il poeta Francesco Pastonchi, Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Piero Gobetti e anche per i grandi esponenti della pittura dell’epoca, come Felice Casorati e il gruppo dei suoi più famosi allievi, i “Sei di Torino” (Enrico Paolucci, Carlo Levi, Jessie Boswell, Gigi Chessa, Francesco Menzio e Nicola Galante). Proprio al Caffè San Carlo, pare che Gramsci abbia avuto l’idea di fondare “L’ordine nuovo”. Leggende, forse, che tuttavia accrescono il fascino di un locale di per sé magnetico e pregnante di storia.
Nel corso della seconda guerra mondiale, Palazzo Turinetti di Pertengo, che ospita il Caffè San Carlo subì dei gravissimi danni. Il locale rimase chiuso per ben dieci anni (dal 1953 al 1963) per un’approfondita e meticolosa opera di ricostruzione e di restauro, che restituì gli affreschi del soffitto andati persi con i bombardamenti (furono realizzate nuove pitture a tempera, fedeli a quelle preesistenti) e che consentì il recupero di alcuni degli stucchi originali di capitelli e pannelli laterali. Oggi, il Caffè San Carlo – che più volte ha cambiato gestione – è tornato a essere una delle più frequentate e raffinate caffetterie di Torino ed è stato inserito, a pieno titolo, nella lista dei “Locali Storici d’Italia”.