Nelle terre del Cisterna d’Asti, la Doc ricavata da uve Croatina
CISTERNA D’ASTI.Arroccato su un poggio tra il Roero e l’Astigiano, nell’area oggi identificata come “Colline Alfieri”, sorge il paese di Cisterna d’Asti, che lega il suo nome all’omonima Doc istituita nel 2002 a tutela del vino rosso prodotto con uve Croatina. Il paese, tipico borgo di sommità d’impianto medioevale, si trova nel punto di confluenza tra due zone morfologicamente diverse, da un lato il territorio impervio e in parte selvaggio delle Rocche, fenomeno geologico di erosione che interessa un’ampia porzione del Roero, e dall’altro lato i rilievi più dolci su cui prosperano i vigneti.
Sui fianchi collinari, formati da sabbie e silt (limo) derivati dai depositi marini del periodo Astiano, è facile scorgere nicchie o cavità scavate dall’uomo, utilizzate dai viandanti come riparo e dai contadini come deposito di attrezzi agricoli. Suggestivi sono poi i crotin di Cisterna, caratteristici ambienti sotterranei adoperati per la conservazione del vino: alcuni si sviluppano in gallerie arcuate larghe sino a cinque metri che si addentrano nelle viscere della collina.
Il territorio di Cisterna d’Asti è al centro dell’area di produzione della Doc Cisterna d’Asti, che comprende altri dodici comuni: Antignano, Cantarana, Ferrere, San Damiano d’Asti e San Martino Alfieri in provincia di Asti; Canale, Castellinaldo, Govone, Montà, Monteu Roero, Vezza d’Alba e Santo Stefano Roero in provincia di Cuneo. Il disciplinare prevede l’utilizzo di uve Croatina in purezza o in assemblaggio con un massimo del 20% di altre uve a bacca nera. La dicitura “Superiore” è riservata ai vini ottenuti da una selezione dei grappoli migliori e sottoposti a un invecchiamento di almeno dieci mesi, anche in recipienti di legno.
Tra le realtà vinicole più significative di Cisterna segnaliamo le Cantine Povero, azienda di successo sorretta da una tradizione familiare che affonda le radici nel 1837 quando l’avo Francesco Povero acquistò il primo vigneto in regione Fippiane. L’azienda nel tempo si è espansa, producendo vini in territori diversi, Langhe, Roero e Monferrato, ma il cuore pulsante è rimasto a Cisterna d’Asti, dove dai terreni impastati di sabbie marine verso Canale nasce il Santa Lucrezia Cisterna d’Asti Superiore Doc, ottenuto da uve Croatina.
L’etimologia del nome Croatina è incerta: tra le varie ipotesi ve n’è una suggestiva, che lo fa derivare dal vocabolo piemontese “croata”, cravatta, l’accessorio maschile che i contadini indossavano nei giorni festivi. I vini da uve Croatina, talvolta chiamati con altri nomi dai produttori, erano infatti considerati un po’ speciali per le loro caratteristiche (colore vivace, profumo intenso, corpo robusto), da servire in occasioni particolari e quindi associati all’idea di festa, proprio come lo era la cravatta! Pare invece da scartare l’idea che il nome derivi dall’uva croata Hrvatica, suggerendo affinità smentite dagli studiosi.
La difficoltà nella ricerca etimologica è accresciuta dalla mancanza di citazioni scritte sino al 1831 quando il vitigno compare per la prima volta, menzionato come “Croattino”, nei “Giornali dei Viaggi” redatti dal conte Giorgio Gallesio, insigne botanico, che lo descrive come uva tipica di Canneto Pavese, ma anche dall’esistenza di molti sinonimi, utilizzati in zone diverse per la stessa varietà. Oltre alle varianti del nome Croatina (Crovattina, Croata, Croattina) il medesimo vitigno è chiamato Nebbiolo di Gattinara o Uva del Zio nell’alto Vercellese e Bonarda di Rovescala tra Oltrepò pavese e Piacentino. Soprattutto l’impiego del nome Bonarda per indicare il vitigno Croatina (anche a Cisterna un tempo lo si chiamava “Bonarda di Cisterna”) o il vino che se ne ricava ha creato confusione: oggi, malgrado la consapevolezza scientifica che il vitigno “Bonarda Piemontese” è del tutto distinto dall’uva Croatina, si mantiene nell’Oltrepò pavese l’abitudine di chiamare “Bonarda” un vino rosso in genere vivace ricavato da Croatina e sui colli piacentini permane l’uso del nome Bonarda in alternativa a Croatina per indicare la stessa uva.
La versatilità del vitigno Croatina, capace di adattarsi a suoli diversi, fa sì che la sua vinificazione dia risultati che variano a seconda delle zone di produzione e delle caratteristiche dei terreni. Nell’alto Piemonte è spesso impiegato in uvaggio con Nebbiolo, Vespolina, Uva Rara, per il suo contributo in struttura, eleganza, colore.
La tradizione contadina e artigiana di Cisterna d’Asti e di queste colline, legata alla coltivazione della vite, ma anche ad altri settori, ha trovato una vetrina nel Museo “Arti e Mestieri di un tempo”, creato nel 1980 all’interno del castello che domina il paese e che oggi raccoglie la più importante collezione etnografica del Piemonte. L’edificio, forse innestato su una doppia cerchia di recinti realizzati a scopo difensivo tra XI e XII secolo, ma risalente nel suo nucleo più antico al XIII secolo, quando Cisterna era infeudata ai signori di Gorzano, che invano tentarono di sottrarsi all’egemonia astigiana, non conserva molte evidenze della veste architettonica medioevale, perché a fine Seicento venne trasformato da fortezza a residenza signorile di campagna con i lavori di ammodernamento voluti dagli allora proprietari. Della primitiva struttura sopravvive la slanciata torre, che si richiama a tipologie astigiane, con la terminazione in quattro giri di dentelli (invece dei consueti tre), e i possenti muraglioni su cui poggia l’edificio.
Sull’arco della porta d’accesso campeggia lo stemma con l’arme di papa Innocenzo XII che rimarca il plurisecolare legame di Cisterna d’Asti con i vescovi astigiani e l’autorità pontificia. Le colline oggi identificate come “Roero” rientrarono infatti sin dal X/XI secolo nell’area d’influenza dei vescovi di Asti, entrati poi in competizione con il nascente comune di Asti.
Con il nome di “Terre di Chiesa” si designava sino al Settecento l’insieme di feudi ecclesiastici soggetti all’alta signoria pontificia: tra questi vi era Cisterna, che nel 1670 (insieme con Belriguardo) acquisì la dignità di principato con una breve di papa Clemente X, ottenendo anche il privilegio di battere moneta. Il viticoltore Vincenzo Bossotti ha voluto omaggiare i trascorsi pontifici del feudo di Cisterna con il “Terre di Chiesa Cisterna d’Asti Superiore Doc”, vino ottenuto da uve Croatina al 100%. Nel 1650 la proprietà del castello passò ai biellesi Dal Pozzo, marchesi di Voghera, conti di Reano e principi della Cisterna, famiglia la cui fama è legata a Cassiano Dal Pozzo senior, giureconsulto e consigliere dei duchi di Savoia, dal 1560 presidente del Senato di Piemonte, Cassiano dal Pozzo junior, nato a Torino nel 1588, viaggiatore e collezionista d’arte al servizio del cardinale Barberini, e infine alla principessa Maria Vittoria, sposa di Amedeo primo duca d’Aosta e regina di Spagna dal 1870 al 1873.
Per completare il tour con una sosta gastronomica, consigliamo il ristorante Garibaldi, aperto nel 1875 da un certo Ortolani di Crescentino, ex-garibaldino approdato a Cisterna, che conserva l’arredo d’epoca e in una delle sale i soffitti in gesso lavorati, secondo una moda che si affermò sin dal Seicento nelle case contadine delle colline piemontesi, e l’osteria Ras-ciamuraje, che riprende nell’insegna lo “stranòm”, soprannome, assegnato un tempo agli uomini di Cisterna, per via della consuetudine di “raschiare i muri” ricavandovi il salnitro (muffa bianca) da vendere ai produttori di polvere pirica.
Le foto sono state gentilmente fornite dall’azienda Cantine Povero