Nelle valli valdesi alla scoperta della mustardela, cui Slow Food ha dedicato un Presidio
La mustardela è un salume povero, come tutti i sanguinacci, nato per recuperare interamente le parti del maiale, anche la testa, la gola, la lingua e le cotenne. L’area di produzione è tutta in provincia di Torino:
Val Pellice, Val Chisone e Val Germanasca, quelle per intenderci dove si è sviluppata la chiesa valdese a partire dal 1532. Si presenta come un salsicciotto color melanzana. Pastosa e morbida in bocca, ha un sapore speziato e vagamente agrodolce. Si mangia semplicemente lessa, accompagnata dalle patate o dalla polenta.
Per preparare la mustardela si fanno lessare le varie parti del maiale, quindi si disossano e si macinano. Poi si aggiunge un trito fatto di ciccioli, di cipolle e porri appassiti nel grasso e si unisce il sangue. Qualcuno insaporisce l’impasto con un po’ di vino rosso aromatizzato con la cannella. Tutti quanti condiscono con sale, pepe o spezie (noce moscata, cannella, chiodi di garofano) e insaccano nel budello bovino (la torta), legando poi la mustardela (che pressappoco ha una lunghezza di 20, 30 centimetri e un diametro di 6 o 7) e facendola lessare per una ventina di minuti a 90°C (l’acqua non deve raggiungere l’ebollizione, altrimenti il salume si spacca).
Come specificano da Slow Food: “Non ci sono documenti sull’origine della mustardela, ma con ogni probabilità questo sanguinaccio è legato alla tradizione occitana. Tant’è vero che i produttori sono certi di aver visto un prodotto identico in Francia e in Spagna, vicino ai Pirenei. Se si scende in bassa valle non c’è più. Giù si prepara un altro sanguinaccio, il budìn, fatto con sangue, latte e spezie e simile ai vicini cugini francesi (boudin, ndr) e valdostani che sono caratterizzati dall’uso delle rape”.
I produttori sono pochissimi ma hanno una lunga esperienza alle spalle e tutti quanti posseggono un piccolo macello privato. Un fatto assolutamente straordinario, che non ha eguali in altre parti d’Italia. Per questo motivo Slow Food ha deciso di aprire un Presidio, il cui intento è quello di valorizzare il prodotto storico, facendolo conoscere meglio a una clientela non solo locale. I produttori hanno stilato un rigido disciplinare e si sono dati un marchio che distingue l’autentica mustardela delle Valli Valdesi dalle altre.