Ora Torino ha il suo “Museo del Cioccolato”: è in via Sacchi su una superficie di 1200 metri quadri
È ospitato nel piano interrato dello storico negozio “Pfatisch”, al 42 della via che costeggia la stazione di Porta Nuova. L’intrigante percorso espositivo e didattico “Choco Story” accoglie più di 700 oggetti legati alla lavorazione e alla degustazione del cibo degli dei, oltre ad antichi macchinari per la lavorazione del cioccolato
TORINO. La fama dei maîtres chocolatiers della tradizionale Scuola torinese, già cresciuta esponenzialmente nell’Ottocento, si rafforza ulteriormente nella prima metà del Novecento e s’impone ulteriormente anche nella seconda metà del secolo scorso. Ai produttori storici, si affiancano via via a Torino artigiani di una nuova generazione emergente, che in breve si riveleranno autentici Maestri del gusto.
Come Lucia Peyrano (che aprì il suo laboratorio verso la fine del 1914, in Corso Moncalieri); o Gustavo Pfatisch (1915); o Calcagno, che iniziò l’attività nel 1946, in Via Maria Vittoria (il laboratorio ha più recentemente assunto la denominazione di Cioccolato Calcagno, ed ora ha sede in Via Paolo Losa 21, a Collegno). Un’altra azienda artigianale sorta nel Novecento (1948) è la Piemônt Cioccolato, che s’insediò in Via Rossini, sotto la Mole, e che seppe rilanciare la pralina cri-crì, un’altra tipica specialità torinese. La Piemônt, rilevata negli anni Settanta dei fratelli Fioraso, ha attualmente sede in Via Gran Paradiso 16/23, a Torino. Un po’ più tardi si sarebbero affermati i Gobino (Giuseppe, padre di Guido, aprì il suo primo laboratorio nel 1964), ed altri ancora. Ma non dimentichiamo che il Novecento vide anche affermarsi molti altri prestigiosi produttori industriali di media o grande dimensione (come la Unica, e poi la Venchi Unica), la maggior parte dei quali si sarebbero più tardi trasferiti in provincia di Torino (come la Streglio o come la De-Coll’ di None).
Questo breve excursus sulla storia novecentesca del distretto torinese del cioccolato aveva lo scopo di inquadrare il momento preciso in cui nasce uno dei marchi storici più blasonati, antichi e nobili della storia della pasticceria e del cioccolato torinese: la ditta Pfatisch.
Gustavo Pfatisch, il cui nome tradisce una lontana origine bavarese, in realtà era nato a Fossano (Cn) nel 1887. Nel 1915 arriva a Torino e inizia l’attività di pasticciere in un laboratorio. Nel 1921 si trasferisce nell’attuale sede di Via Sacchi 42, in un palazzo liberty opera di Pietro Fenoglio dove apre il prestigioso punto vendita tuttora presente. Nel 1934 cede l’azienda all’ex socio Carlo Ferraris, ma l’insegna della ditta rimane quella del fondatore.
Dopo una serie di passaggi di mano, nell’Aprile del 2020 la Pfatisch viene acquistata da Francesco Ciocatto, che si fa affiancare da un competente team di collaboratori. Il Negozio ritrova così nuove energie e nuovi impulsi di crescita, sia in prestigio che nel fatturato, recuperando e rivalorizzando le antiche ricette aziendali, che hanno segnato la storia della pasticceria artigianale torinese, e della lavorazione del cioccolato d’autore.
Un altro punto vendita Pfatisch è presente anche a Milano in Piazza Duomo.
La data del 26 Giugno 2024 è un momento epocale nella storia della Pfatisch: nei locali interrati del Negozio viene inaugurato il “Museo del Cioccolato”, fortemente voluto da Francesco Ciocatto, in collaborazione con il collezionista e industriale belga del cioccolato Eddy Van Belle. Van Belle, titolare del marchio Belcolade che fattura più di 3 miliardi di euro, ha già allestito numerosi Musei del Cioccolato in tutta Europa e anche in Messico.
Nel Museo, lungo un preciso percorso interattivo con video e giochi multimediali, sono esposti più di 700 oggetti legati alla lavorazione e alla degustazione del cioccolato.
La location al piano interrato sotto la Pasticceria Pfatisch è stata scelta per il blasone di questa azienda, inserita tra i Locali Storici d’Italia, ma anche perché gli spazi sottostanti (di circa 1200 metri quadrati) si sono rivelati idonei ad uno stimolante percorso didattico di visita (Choco Story). Determinante è stata inoltre la presenza, già in loco, di storiche e tradizionali macchine per la lavorazione del cacao, non più utilizzate ma ancora perfettamente funzionanti. La scelta è poi caduta su Torino per la plurisecolare e gloriosa storia locale del cioccolato: fu proprio Torino la prima città italiana in cui si iniziò a somministrare al pubblico la cioccolata in tazza, in base alle speciali patenti concesse nella seconda metà del Seicento dalla seconda Madama Reale di Casa Savoia, Giovanna Battista di Nemours, a tal Giovanni Antonio Ari.
Riprendendo in sintesi la storia del distretto torinese del cioccolato, ricordiamo che fu all’epoca di re Carlo Felice, che Paul Caffarel iniziò a imporsi a Torino come produttore di cioccolato d’eccellenza, grazie anche al sodalizio con un altro grande maestro quale Michele Prochet. Fu proprio dalla genialità di Caffarel che nacque il mitico giandujotto torinese: il noto maître chocolatier ebbe l’intuizione di unire sapientemente la fragranza e la morbidezza del cioccolato al delicato sapore della nocciola trilobata “tonda gentile” del Piemonte. Il giandujotto fu il primo cioccolatino incartato al mondo.
Il percorso didattico Choco Story (molto affascinante anche per i bambini) è supportato da un’audioguida in cinque lingue: il percorso inizia dai luoghi di coltivazione del cacao nelle antiche terre dei Maya e degli Aztechi e prosegue a bordo di un ideale veliero settecentesco che approda sulle sponde occidentali dell’Europa. E di qui si arriva in Spagna e poi a Torino. La narrazione si sviluppa e prende forma anche attraverso la descrizione degli oggetti e degli strumenti legati alla lavorazione del cioccolato e alla sua degustazione: più di 700 elementi esposti, tra tazze, cucchiaini, cioccolatiere, recipienti raffinati e curiosi, e attrezzi vari provenienti dalla collezione privata di Van Belle.
Molto interessante è lo storico atelier, il tradizionale laboratorio del cioccolato, dove sono accolte le antiche macchine un tempo utilizzate da Pfatisch per la lavorazione del cacao, e risalenti al periodo a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento.
Queste macchine coprivano, in Pfatish, tutte le fasi della lavorazione del cioccolato: dalla tostatura delle fave di cacao alla loro trasformazione in pasta di cacao e in pani con il mescolatore; dalla raffinazione al concaggio: un movimento continuo e alternato per rendere vellutata la pasta di cacao. E per finire, le ultime fasi del processo produttivo, ovvero la colatura del cioccolato negli stampi e infine l’incarto. La visita si conclude con una ghiotta degustazione.
Così afferma Francesco Ciocatto: “Sono orgoglioso di poter accogliere qui a Torino il Museo del cioccolato negli storici locali della Pfatisch, dove è ancora possibile simulare con macchine antiche e funzionanti l’intero processo produttivo». Le sorride accanto Beatrice Cagliero che supporta Ciocatto nella direzione del Museo e aggiunge: “Ho visto nascere questo Museo da zero: l’ho visto costruire e crescere in ogni dettaglio. Ed ora è una realtà. Sono fiera che la nostra città possa disporre di una nuova e intrigante offerta museale: un’ulteriore, magnetica e prestigiosa attrazione turistica”.
Sergio Donna