Personaggi: il conte di Sambuy cui sono dedicati i giardini di Porta Nuova
I torinesi li chiamano i Giardini di Porta Nuova, o i Giardini di Piazza Carlo Felice. In realtà, sulla mappa della città, essi compaiono con il nome di Giardini Sambuy.
Già, Sambuy. Ma chi era costui? Lo spieghiamo subito. Il giardino, posto nel cuore della città, offre il primo pittoresco scorcio del capoluogo subalpino a chi giunge a Torino col treno, facendo scalo alla Stazione di Porta Nuova, ed è dedicato proprio a Ernesto Balbo Bertone di Sambuy (Vienna, 12 aprile 1837 – Torino, 24 febbraio 1909), che − tra gli Anni Sessanta dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento − è stato un noto e apprezzato politico italiano. Figlio di Vittorio Amedeo Bertone di Sambuy e di Luigia Carlotta Pallavicino delle Frabose, il piccolo Ernesto trascorse la sua infanzia in una famiglia agiata e aristocratica. Dopo una prima educazione di base da parte istitutore privato, venne poi iscritto al Collège Saint Michel di Bruxelles.
Ottenuto l’incarico di maestro di cerimonie alla Corte sabauda, ricoprì via via numerose cariche pubbliche e amministrative: fu Sovrintendente ai Giardini Pubblici di Torino (tra il 1870 e il 1909), consigliere comunale a Chieri e Torino (tra il 1867 e il 1909), assessore ai Lavori pubblici della Città di Torino (tra il 1867 e il 1871), e sindaco di Torino dal 1883 al 1886. Fu eletto deputato in cinque legislature, e nel 1883, fu nominato senatore del Regno. Nel 1900, venne eletto vicepresidente del Senato. Fu inoltre presidente dell’Accademia Albertina dal 1887 al 1894, presidente della Promotrice di Belle Arti (dal 1889 al 1896 e dal 1899 al 1902) e del Circolo degli Artisti (tra il 1879 e il 1902). Insomma, un personaggio di grande carisma, con numerosi incarichi prestigiosi, ricoperti con professionalità e competenza.
Che Ernesto Balbo Bertone di Sambuy fosse un politico molto stimato, anche dal punto di vista umano, dai suoi colleghi parlamentari (oltre che molto amato dai concittadini torinesi), lo si può dedurre anche dai toni del discorso di commemorazione funebre tenuto dall’allora Presidente della Camera Giuseppe Manfredi.
Ne riportiamo uno stralcio, desunto dagli Atti Parlamentari del 1909: “Più non ti vedrò, conte Ernesto di Sambuy; più non ti mirerò dal tuo stallo ergere la nobile alta persona, dal porgere maestoso e garbato, dalla espressione franca, nitida e leale; più non udrò la tua parola ardente del vero e del bene, fiera contro ciò che ti pareva ingiusto od errato, ma prudente e cortese sempre!”
Certo, quelli erano altri tempi, dove il bon ton e il fair play caratterizzavano l’etichetta comportamentale anche nei dibattiti della politica. Oggi lo stile con cui in Parlamento vengono espresse o dibattute le varie opinioni è molto cambiato, ma già a quei tempi, la dialettica di Sambuy doveva essere giudicata sempre gradita ed opportuna nelle assemblee, ed elegante e propria nell’espressione dei concetti. Nei primi anni della sua militanza politica, Sambuy si schierò nel Partito moderato, una forza politica che ebbe un ruolo importante nel preparare il Paese all’unità.
Così continuava Giuseppe Manfredi nel suo elogio funebre: “Si dimostrò sempre liberale nei suoi principii, e nella loro applicazione; … nell’affrontare le questioni politiche contemporanee, il conte Di Sambuy fu efficace coadiutore e di appoggio valente. Artista, prudente amministratore, saggio uomo politico, pronto ad ogni entusiasmo, rese servizi veramente preziosi alla patria e alla sua città, alla quale era veramente orgoglioso di appartenere”.
Come scrittore, Ernesto Sambuy ci ha lasciato il volume “Il viaggio in oriente, 1861-1862”. Undici mesi tra i cavalli e a cavallo, con una missione delle Scuderie Reali tra Torino, Bagdad e il Kuwait, firmato, oltre che con il proprio nome e cognome, anche con lo pseudonimo di Berton Teston. Un altro Sambuy, Luigi, figlio di Ernesto Sambuy, fu podestà di Torino nel periodo fascista. Ma è al conte Ernesto che i Giardini che fronteggiano Porta Nuova sono dedicati.
Concludiamo dicendo che se Ernesto Balbo Bertone di Sambuy era orgoglioso della sua Torino di allora, per lo sviluppo sociale della quale si era tanto impegnato, così come si era impegnato nello sforzo di renderla più bella con eleganti e spaziosi giardini, dobbiamo essere anche noi orgogliosi di aver avuto un concittadino come lui, illustre e tanto appassionato.