Plaisentif, la toma d’alpeggio al profumo di viola delle valli di Susa e Chisone
Alla scoperta di un prodotto caseario degli alpeggi delle alte valli del Torinese da cui nasce un antico rituale, quello del “Dono del Formaggio” che si tiene ogni anno a Perosa Argentina
Ogni anno, nel quadro della manifestazione “Poggio Oddone – Terra di Confine”, il paese di Perosa in Val Chisone (dal 1862 Perosa Argentina in ricordo delle miniere d’argento coltivate nel Medioevo) assiste al rinnovo d’un antico rituale, il “Dono del Formaggio”, che vede come protagonista il Plaisentif, la toma delle viole, gloria casearia di queste montagne.
Le origini del rito affondano nella vocazione plurisecolare di Perosa come luogo di confine tra territori sottoposti per secoli a sovranità diverse: da un lato i possedimenti dei Savoia e dall’altro lato le terre dei conti d’Albon, signori di Vienne, meglio noti a partire da Guigo IV come Delfini dalla figura principale della loro arme dinastica, il delfino (da cui il nome della regione storica, il “Delfinato”). Dalla fine dell’XI secolo i conti d’Albon, rivendicando una parentela con l’ultima degli Arduinici, Adelaide, si espansero verso le alte valli della Dora Riparia e del Chisone sino a giungere nei primi decenni del Trecento all’estremo limite di Petra Picata, poi ribattezzata Bec Dauphin, sperone roccioso alle soglie del borgo di Perosa a cui per lungo tempo fu agganciato il confine tra Piemonte sabaudo e Delfinato, quest’ultimo divenuto parte del Regno di Francia dal 1349.
La Val Chisone, sino al trattato di Utrecht del 1713, che la assegnò per intero al re Vittorio Amedeo II di Savoia, decretandone la riunificazione, si ritrovò quindi per secoli politicamente divisa e di questa separazione troviamo traccia nella toponomastica dato che nei cartari del tempo si parlava di Val Dubiasca, Pinerasca e infine Val Perosa per il tratto tra Pinerolo e Perosa, e di val Pragelato (Escarton di Pragelato o Valcluson) per il settore da Perosa al colle di Sestriere.
Il rito del Dono del Formaggio, che si ripete ogni anno nel mese di settembre, si collega a una consuetudine derivata dagli avvenimenti del 1574 quando la località di Perosa, in precedenza citata anche come Pogio Odonis (Poggio Oddone) in riferimento a Oddone di Savoia, marito della comitissa Adelaide di Susa, tornò sotto l’autorità dei Savoia, cui venne restituita per ordine del re di Francia Enrico III di Valois in ottemperanza al trattato di Cateau-Cambrésis. Le chiavi del castello di Perosa, di cui oggi rimangono pochi ruderi, furono consegnate al nuovo castellano e governatore sabaudo, ma i rapporti tra Francia e Savoia rimasero tesi, stante anche il perdurare dell’irrisolta questione del marchesato di Saluzzo, conteso tra i due Stati, e i disordini dovuti alla presenza di ugonotti e valdesi.
Le tensioni politiche ebbero l’effetto di interrompere i commerci, che venivano tradizionalmente praticati tra le popolazioni dell’alta e della bassa valle (i residenti nelle alte valli del Chisone e della Dora Riparia scendevano ai mercati di Susa e Pinerolo per smerciare i loro prodotti), e nei documenti si ha testimonianza di contatti e spedizioni diplomatiche volte a sbloccare la situazione. Proprio in quel periodo così difficile, per vincere le reciproche resistenze, una delegazione dell’alta valle guidata dal castellano di Cesana ebbe l’idea di recarsi in territorio sabaudo recando con sé alcune forme del pregiato Plaisentif, al tempo più costoso della carne, per farne omaggio al governatore di Perosa.
Con questa accortezza diplomatica gli abitanti delle alte valli si propiziavano i favori delle autorità civili e militari, ora delfinali ora sabaude, sperando che non intralciassero in modo eccessivo i commerci, ed è proprio quel gesto che si perpetua oggi nella rievocazione del Dono del Formaggio.
La produzione del Plaisentif, documentata sin dal XVI secolo, ma probabilmente più antica, è legata alla pratica tradizionale della monticazione, la salita delle mandrie agli alpeggi durante l’estate. Lo spostamento del bestiame, che in genere avveniva gradualmente, con stazionamento temporaneo in strutture intermedie, consentiva di sfruttare i ricchi pascoli delle quote più alte. Per preparare il Plaisentif, nelle alte valli del Chisone e della Dora Riparia, si adoperava il latte munto nel primo periodo dell’alpeggio, tra giugno e luglio, quando l’alimentazione delle vacche risulta arricchita dai fiori, in particolare le viole, le prime a sbocciare con lo scioglimento delle nevi, che trasferivano poi nel formaggio prodotto il ricco corredo di profumi e sapori.
Questa antica tradizione è stata riportata in auge in tempi recenti grazie a un’Associazione di produttori fondata da Ivano Challier di Usseaux, che nel 2000 ha ricominciato a produrre il Plaisentif contribuendo poi a elaborare un disciplinare di produzione, il cui rigoroso rispetto è condizione per l’ottenimento della marchiatura, impressa a fuoco su una delle due facce della forma.
Il marchio, apposto previo superamento del controllo di fine stagionatura, che dichiara il formaggio idoneo alla vendita, si compone di una viola stilizzata affiancata dalla lettera P, e costituisce dunque una garanzia di qualità.
In base al disciplinare il Plaisentif si ricava da latte crudo derivato dalle mungiture effettuate negli alpeggi dell’alta Val Chisone e parte dell’alta Valle di Susa, ad almeno 1800 metri di quota, nel periodo corrispondente alla fioritura delle viole (sino a un massimo di 30 giorni dall’inizio dell’alpeggio).
Le forme vengono poi sottoposte a stagionatura per almeno 70 giorni e, dopo l’apposizione del marchio, immesse sul mercato non prima della terza settimana di settembre, in concomitanza con la fiera annuale di Perosa, che celebra la discesa delle mandrie dagli alpeggi e rievoca l’importanza storica di questo prodotto.