Pochi film come “La donna della domenica” rappresentano Torino e la sua unicità
Tratto dall’omonimo romanzo di Fruttero e Lucentini, La donna della domenica è uno dei film più celebri girati a Torino. Diretto nel 1975 da Luigi Comencini, il lungometraggio vanta un cast di prim’ordine: Marcello Mastroianni, Jacqueline Bisset, Jean Louis Trintignant, Aldo Reggiani, Pino Caruso, Lina Volonghi, Maria Teresa Albani, Franco Nebbia, Massimo Campi, Claudio Gora. Le musiche sono di Ennio Morricone, mentre la sceneggiatura porta la firma di Age e Scarpelli. Dopo il successo ottenuto al botteghino (oltre un miliardo di incasso al 31 dicembre 1976), il film venne trasmesso in televisione più volte, in particolare in prima serata su Rai3 il 16 gennaio 2012, per ricordare Carlo Fruttero, scomparso il giorno prima. Sicuramente il film di Comenicini è un perfetto esempio di come commedia e giallo possano brillantemente coesistere senza prevaricarsi a vicenda. Le seriose indagini vengono smorzate, in effetti, dai toni farseschi e finanche comici che caratterizzano la pellicola, ma non viene dagli stessi assolutamente inficiata in quanto la voglia di arrivare fino alla fine rimane sempre molto alta e senza cali di attenzione.
In effetti, assassino e movente sono per nulla scontati e la trama coinvolge sino al suo epilogo. Nel capoluogo sono i primi anni Settanta quando il commissario Santamaria indaga sull’assassinio di un individuo volgare ed equivoco, l’architetto Garrone, un professionista fallito che vivacchiava ai margini della Torino bene, da cui era tollerato ma disprezzato. L’omicidio è stato scoperto dal geometra Bauchiero, che ha trovato il cadavere dell’architetto, ucciso da un’arma non convenzionale: un fallo in pietra. Quasi contemporaneamente all’interrogatorio del Bauchiero, i domestici della nobildonna Anna Carla Dosio, appena licenziati, portano in commissariato un foglio su cui la Dosio ha scritto all’amico Massimo Campi che lei e Massimo «…devono fare fuori il Garrone», biglietto che la stessa Dosio ha poi rinunciato ad inviare e gettato in un cestino.
Il commissario deve muoversi con cautela tra una serie di personaggi altolocati e il proprio superiore, che, preoccupatissimo delle conseguenze, vorrebbe che certi nomi non venissero coinvolti affatto. Ciascuno dei sospettati aveva un movente per eliminare il Garrone e nessuno di loro ha un alibi convincente per il giorno e l’ora del delitto.
L’indizio chiave pare riferirsi ad un antico proverbio piemontese: «La cativa lavandera a treuva mai la bun-a pera» (La cattiva lavandaia non trova mai la buona pietra), il cui significato viene spiegato al commissario Santamaria dall’americanista Bonetto: la pera è la pietra in lingua piemontese, e la lavandaia che non trova la buona pera è una lavandaia che non ha voglia di fare il bucato.
Ma, accanto all’indagine ufficiale, ne viene condotta un’altra: il giovane impiegato comunale Lello Riviera, avendo appreso che l’amico Massimo Campi è tra i sospettati, decide di scoprire lui l’assassino per poter scagionare Massimo. Egli giunge infatti presto ad individuare il possibile assassino, ma quando si reca al Balonper trovare la conferma dei suoi sospetti, ci rimette la vita. Viene infatti trovato a terra, con il cranio sfondato da un pestello per mortaio.
Curiosamente al Balon, nello stesso momento, sono presenti quasi tutti i personaggi sospettati del primo delitto. Il secondo delitto accelera le indagini, il commissario Santamaria e il collega De Palma stringono il cerchio e giungono finalmente all’incriminazione e all’arresto di chi ha commesso i due omicidi.
Oltre al Balon sono tante le location riconoscibili: da una villa in strada Val Pattonera a quella d’Agliè (utilizzata anche in Profondo rosso), in piena collina, da via Principe Amedeo a via Pietro Micca, da via San Francesco da Paola a via Cesare Balbo. E, ancora, piazza Carlo Alberto, via Lascaris, la Galleria Subalpina, piazza Vittorio, piazza Palazzo di Città, piazza Solferino, via XX Settembre, corso Galileo Ferraris, via Bricherasio e via Bellezia. Si distinguono, poi, la Galleria d’arte moderna e Palazzo Bricherasio. Insomma, per un torinese guardar questo lungometraggio senza riconoscere qualche via di Torino, seppur in un’altra epoca, è quasi impossibile.
Una curiosità per concludere: Mastroianni tornò ad impersonare il ruolo del commissario Santamaria nel 1994, recitando nella miniserie TV in due episodi A che punto è la notte, trasposizione del romanzo omonimo di Fruttero e Lucentini, diretto da Nanni Loy, alla sua ultima regia.