Quei toponimi di località piemontesi che alcuni speaker non riescono proprio a pronunciare in modo corretto
Può così capitare che Venarìa diventi un’improbabile Venària, che Bòrgaro diventi impropriamente Borgàro o che San Didéro si trasformi in San Dìdero, con una inadeguata pronuncia sdrucciola.
San Didéro (To). Ci sono dei nomi di paesi e di località piemontesi (ma non solo piemontesi) che alcuni reporter, speaker, e persino le voci automatiche dei navigatori montati sulle auto, proprio non riescono a pronunciare nel modo corretto.
È solo una questione di accenti, d’accordo: una questione da poco, che certo non sminuisce il prezioso e scrupoloso servizio di informazione reso alla collettività da chi si occupa con professionalità e passione di comunicazione. Il pubblico lo capisce benissimo, e si limita a concedersi un sorriso ironico nel sentire certi strafalcioni. Ma oltre una certa misura, quando quel modo incongruo di pronunciare i toponimi a lui famigliari si fa reiterato, i telespettatori del territorio possono indispettirsi e talvolta offendersi pure, soprattutto se in uno di quei paesi o in una di quelle località impropriamente citate ci vivono.
E pazienza se questi toponimi sono pronunciati in modo errato dai ‘tom-tom’ montati sulle auto tedesche: quelle “signorine” che modulano informazioni con toni metallici e gutturali in realtà non sono che delle voci virtuali programmate a tavolino, e non si può certo pretendere da loro una dizione perfetta della lingua italiana, così perfetta da non tradire neppure una vaga inflessione teutonica. Figuriamoci poi se quelle “voci” da Valchiria possono sapere dove cadono gli accenti di certi astrusi toponimi italiani.
A me è capitato di sentire con le mie orecchie da uno di questi gentili angeli custodi virtuali, che assistono amorevolmente gli automobilisti durante la guida della loro vettura, chiamare Cunèo (con l’accento sulla e!!!) il capoluogo della Granda. E mi son fatto una sonora risata.
Però è vero: alla lunga può diventare intollerabile sentire che la Reggia di Venarìa (tra i piemontesi più anziani, non è raro udire ancora la variante Venerìa, con la “e” al posto della “a”: questo piemontesismo, peraltro non del tutto tollerato dai puristi, a me piace da matti) possa diventare, dicevo, la Reggia di “Venària”. Analogamente, Bòrgaro può diventare “Borgàro”. Volvèra, può diventare “Vòlvera”, Piòbesi può diventare “Piobési”, Sàntena si trasforma in “Santéna”, Sangàno in “Sàngano”, ecc. ecc. Il campionario di storpiature è davvero ampio, e questi non ne sono che alcuni esempi.
L’ultimo svarione che di questi tempi è diventato in… “auge”, per i recenti fatti di guerriglia avvenuti in Val di Susa legati alla dibattuta questione della TAV, riguarda il comune di San Didéro. Didéro e non “Dìdero”, signori cronisti! Vi prego!
San Didéro (in piemontese San Didé, Saint Didier in francese) è un piccolo comune valsusino di poco più di 500 abitanti, che si distribuiscono tra il capoluogo e cinque minuscole frazioni: Leitera Inferiore, Leitera Superiore, Mondaniere, Toto e Volpi. Il paese, posizionato sull’antica via Francigena (ramo che attraversava il Moncenisio), è dominato dall’antica Chiesa di San Desiderio, che conserva un’interessante facciata medievale, e sui fianchi, monofore in pietra locale.
Didéro è una forma contratta di Desiderio: e non è un caso che sia proprio San Desiderio il patrono di questo borgo di montagna, la cui altitudine, alla soglia del Comune, misura 430 metri sul livello del mare.
Comunque sia, i Santi non si offendono per così poco: anche se li si invoca con l’accento sbagliato, non disdegnano di prestare l’orecchio alle istanze dei loro fedeli.
Sergio Donna