CuriositàLingua & tradizioni piemontesiPersonaggi

Un ricordo torinese al poeta Nino Costa: la stele di viale Virgilio all’imbocco del Ponte Umberto

TORINO. C’è un luogo a Torino che può essere considerato l’ideale porta d’ingresso al Parco del Valentino. Non è certo l’accesso principale, perché il Valentino è un grande giardino aperto, senza barriere, ma di lì si può scendere verso quel tratto di lungofiume che corrisponde al Viale Umberto Cagni, e che, seguendo il corso del Po verso monte, si allunga lungo la sponda sinistra del fiume.  Qui, si apre un pittoresco scenario che incanta i turisti, e ogni volta che agli stessi Torinesi capita di recarvisi, si allarga loro il cuore. Quel luogo è quasi all’imbocco del Ponte Umberto I, a due passi dall’Arco monumentale dedicato all’Arma di Artiglieria. Affacciandoci al parapetto del ponte, dal lato di Viale Virgilio, ci abbraccia la ridente collina, con il Monte dei Cappuccini, e più a valle, il Colle di Superga, con la rassicurante sagoma della basilica che si staglia nel cielo; a Ponente, il profilo delle Alpi, e in basso, le verdeggianti rive del Valentino che fiancheggiano il Po. Tutto è legato da un magico equilibrio, che nel suo insieme compone un quadro suggestivo di struggente bellezza. A far da corona, il cielo, che quando è azzurro, e solcato da gaie nuvole bianche che si rincorrono tra loro, offre uno spettacolo che non ha pari al mondo. Forse fu lì che il torinese Giovanni (Nino) Costa, il più amato dei poeti piemontesi di ogni tempo, mentre contemplava quel cielo e quelle nuvole bianche che lo attraversavano spinte dal vento in quota, si ispirò a comporre Nìvole, la delicata poesia la cui ultima quartina è stata incisa come epigrafe sul granito grigio e levigato della stele a lui dedicata, che si trova proprio in questo incantevole luogo:

Quand ch’a-i rivrà l’ora pì granda, l’ùltima,
e ch’am ciamran lòn ch’i l’hai fàit ëd bel,
mi risponderai ch’i l’hai guardà le nìvole,
le nìvole ch’a van travers al cel.

Nìvole fu pubblicata la prima volta nella raccolta Brassabòsch, nel 1928. È una lirica bellissima, da cui traspare, verso dopo verso, tutta la personalità poetica di Nino Costa, che ci seduce nel trasmetterci la cristallina gioia ed il sereno conforto che lui stesso respira nel contemplare il cielo torinese, dove le nuvole s’inseguono: un cielo così bello che ci contagia della sua luce e della sua immensità.

Particolare della lapide dedicata al Poeta piemontese Nino Costa
(foto di Vittorio Greco per Monginevro Cultura)

Nell’Étranger, in un poemetto contenuto nello Spleen de Paris, Baudelaire ci parla di un senzatetto, senza famiglia, senza patria e senza denaro, che sollecitato ad elencare ciò che più gli manca (i famigliari, gli amici, la patria, la bellezza, o la ricchezza), egli risponde con il candore di un bambino: “J’aime les nuages… les nuages qui passent… là-bas… les merveilleux nuages!”). E tanto gli basta: la bellezza della natura può compensare, almeno per un attimo, persino gli affetti lontani, o le ricchezze sempre sognate e mai realizzate. Così, con lo stesso candore dello “straniero” di Baudelaire, nella quartina conclusiva della sua poesia, Nino Costa non si vergogna di rivelare che contemplare le nuvole nel cielo può essere un gesto poeticamente puro, gratificante, sublime, e chi lo fa e sa coglierne il valore e la bellezza, può trarne una confortante filosofia di vita.

Il successo di Nino Costa sta nell’attualità dei temi trattati e nell’immediatezza dei suoi versi, accessibili a tutti, ma sempre di una qualità straordinaria. Per Andrea Viglongo e Vannucci Viglongo, nella loro prefazione alla raccolta Brassabòsch, Nino Costa “realizza il difficile incontro di poesia e vita, nel senso che la sua poesia è la sua vita, e la sua vita si fa – quasi spontaneamente, per virtù veramente di poeta – poesia… Per il suo prorompente lirismo, per la facilità di espressione e la fluidità del verso, Nino Costa è stato e rimane il poeta preferito dai suoi corregionali (…) ed è divenuto popolarmente sinonimo di poesia in piemontese, l’espressione più cara e stimata del nostro linguaggio e della nostra cultura regionale”.

Nato a Torino da padre canavesano e madre monferrina il 28 Giugno 1886, Costa frequentò il Liceo Cavour; poi conseguì due lauree, una in Veterinaria, e l’altra in Lettere (ebbe come insegnante Arturo Graf). Dopo una breve esperienza nell’insegnamento, s’impiegò presso la Cassa di Risparmio di Torino.

Nino Costa è uno dei pochi poeti piemontesi che hanno ottenuto un successo non solo regionale, ma in tutto il mondo: le sue opere sono state tradotte anche in lingua inglese, e sono conosciute soprattutto negli Stati Uniti. Il poeta è ovviamente anche molto apprezzato dalle comunità piemontesi sparse nel mondo (Argentina, Canada, Australia, ecc.).

La sua produzione poetica è stata pubblicata dalla Casa Editrice Viglongo, che ha riproposto, arricchiti di prefazioni e aggiunte, i  titoli originali  così  come  il  poeta  li  aveva concepiti.

Tra le sue raccolte poetiche, oltre alle citate Brassabòsch (1928) e Ròba nòstra (1938), ricordiamo: Mamina (1922), Fruta madura (1931), e Tempesta, uscita pòstuma nel 1946. Nel 1924 uscì la prima edizione di Sal e pèiver, un arguto libro di favole piemontesi in versi, dove Nino Costa fa muovere e ragionare gli animali protagonisti proprio come si muoverebbero e ragionerebbero al loro posto, nelle varie occasioni, gli esseri umani, lasciandone trasparire tutti i difetti, i vizi e le false virtù.

Una raccolta di 18 romanze con i testi originali di altrettante poesie del Poeta, musicate da Bruno Baudissone e Raf Cristiano, sono state pubblicate a cura dell’Associazione Monginevro Cultura, in occasione del 70° anniversario della scomparsa del poeta.

Nino Costa morì nella sua Torino il 5 Novembre 1945, distrutto dal dolore per la morte del suo adorato figlio Mario, Medaglia d’Argento al Valor Militare, caduto come partigiano sul Génévry il 2 Agosto 1944. Riposa nel cimitero di Ciriè, accanto al figlio.

La Città di Torino, fin dal 1957, ha dedicato a Nino Costa anche la lapide che si trova in Via Giacomo Bove, al civico 14, dove il poeta torinese abitò e morì.

Sergio Donna

Bibliografia
– Sergio Donna, Lapidarium, La stele in versi di Nino Costa nel Viale Virgilio, in Torino Storia, n° 56, pagg. 16-17, Anno 6, Febbraio2021
– Sergio Donna, Epigrafi sui Palazzi di Torino, Ël Torèt-Monginevro Cultura, Torino, 2012
– Bruno Baudissone, Raf Cristiano, Sergio Donna, Rassa Nostran-a, 18 Poesie di Nino Costa musicate da B. Baudissone & R. Cristiano, Pentagramma, 2015, Torino

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio