Prosegue il diario del viaggio in Pampa Gringa con il Gruppo “Ij Danseur dël Pilon” (V parte)
La quinta tappa ha condotto i protagonisti del lungo viaggio sudamericano da Luque a Las Varillas (Provincia di Córdoba)
Luque, 7 Novembre 2022, Lunedì
Il nostro tour nella Pampa Gringa continua in direzione di Luque, dove il Municipio locale è molto attento alla salvaguardia della Lingua piemontese e delle antiche tradizioni dei primi coloni subalpini. Il giorno 7 di Novembre raggiungiamo con la corriera la ridente cittadina, che è gemellata con Vinovo. A Luque si organizza ogni anno la “Fiesta de la Bagna càuda”, con una massiccia partecipazione della comunità piemontese d’Argentina, con cospicui afflussi di pubblico anche dal circondario. Il Sindaco, o meglio l’”Intendente” della città di Luque, ci accoglie in Municipio con grande calore e con un raffinato banchetto. Poi il Gruppo dei Danseur è ospitato in tre Scuole di diverso ordine e grado della città: scolari e studenti si esibiscono in spettacolari chacareras mentre i Danseur coinvolgono le vivaci e folte classi e i loro docenti in una gioiosa e condivisa kermesse di Danze popolari piemontesi.
Alla sera, il consueto spettacolo. Non in teatro, questa volta, ma all’aperto, di fronte alla storica Stazione ferroviaria di Luque, ora convertita in una attrezzata location per accogliere eventi culturali e concerti. Il tema delle danze dei nostri ballerini è il Carnevale: i Danseur si esibiscono nella Quadriglia delle Famiglie, nella Monferrina, nella Corenta Botej e in altre balli popolari tipici del periodo carnevalesco. Dal canto mio, declamo alcuni versi in piemontese dedicati alla maschera di Giandoja ed alcune filastrocche (filastròcole) e indovinelli (andvinaje).
Las Varillas, 8 Novembre 2022, Martedì
Dopo Luque, nelle prime ore della mattinata dell’8 Novembre a bordo del “nostro” pullman guidato da José, affidabile chauffeur, ci si dirige a Las Varillas (cittadina gemellata con Cavour), ove risiede la mia cara amica Alejandra Gaido, che io chiamo affettuosamente Sandrin-a, ma che da quelle parti è più conosciuta con il vezzeggiativo di Chaly.
Sandrin-a è impegnata con grande passione nella difesa della Lingua piemontese: organizza e tiene corsi per la sua diffusione e il suo approfondimento, è conduttrice televisiva di programmi di cultura piemontese, si prodiga per organizzare eventi, conferenze e convegni sulla lingua e sulle tradizioni dei suoi antenati, che sono originari di Barge. Insomma, potremmo definirla un’attivista a tutto tondo per la difesa e la promozione della cultura piemontese in Argentina. Il suo ruolo nella realizzazione dell’ambasciata culturale di Piemonte Cultura (Associazione che si occupa di Danze popolari piemontesi e occitane, ma anche di musica tradizionale del territorio, presieduta da Bruno Donna) e di Monginevro Cultura (Associazione Culturale che opera nel settore della Lingua e della Letteratura piemontese, presieduta dal sottoscritto) è stato determinante. È lei che ha tessuto i rapporti con la FAPA (Federación de Asociaciones Piemontesas de Argentina) presieduta da Edelvio Sandrone (che ha sposato la nostra causa e l’ha sostenuta energicamente): si è attivata per organizzare l’itinerario di questa tournée, provvedendo alla prenotazione dei teatri di esibizione, delle camere di albergo e gestendo la logistica dell’accoglienza dei danseur e delle danseure nelle famiglie ospitanti o negli alberghi. Ha svolto brillantemente, con efficienza e dedizione, il ruolo di anello di congiunzione tra tutte le Familias Piemontesas coinvolte e non è stato un compito da poco.
Le città argentine della Pampa Gringa si assomigliano un po’ tutte: squadrate, tetragone, geometriche: furono fondate quasi sempre da piemontesi o comunque da italiani, sul finire dell’Ottocento. Il loro tracciato si ispirava a quello delle urbes e degli oppida romani, con tanto di cardo massimo e decumano, per delineare i larghi boulevards (avenidas) che le intersecano. Ci sono poi le vaste piazze, quasi sempre dedicate a José Francisco de San Martín y Matorras, l’eroe nazionale, el Libertador, fautore dell’indipendenza argentina, oppure alla data del 25 de Mayo, el día de la Patria, il giorno in cui l’Argentina, con la cosiddetta Rivoluzione di Maggio 1810, iniziò il processo rivoluzionario per ottenere la propria indipendenza, o a quella del 9 de Julio 1816, data in cui, con il Congresso di Tucumàn, venne definitivamente proclamata la Dichiarazione d’Indipenza dalla Spagna.
Le Chiese parrocchiali in genere sono quasi sempre posizionate sulle principali piazze del centro abitato: è così anche per la Chiesa di Las Varillas, dedicata a Nuestra Señora del Rosario, un edificio in mattoni a vista di stile ibrido con spunti neogotici, fiancheggiata da un più recente e slanciato campanile.
Un’altra peculiarità topografica di questi centri urbani, spesso distanti tra loro decine e decine di chilometri, è che le case sono quasi tutte non più alte di quattro o cinque metri: si sviluppano perlopiù al piano rialzato, e dispongono di un giardino nella parte posteriore. Le più antiche risalgono a fine Ottocento; nel centro storico prevalgono quelle costruite attorno gli Anni Dieci e Venti del Novecento, spesso ad un piano, in un sobrio stile liberty d’impronta vagamente coloniale, con molti meno fronzoli e ramages e più composto rispetto allo stile floreale che caratterizza i palazzi torinesi più o meno coevi. Quasi tutte le strade, vie e boulevard, sono alberate. Viste a volo d’uccello, appaiono come un vasto giardino, un’oasi verde che spicca tra le infinite distese di campi di grano, soja e mais che le circondano.
Dicevo che si assomigliano un po’ tutte le cittadine della Pampa Gringa, ma nelle case di Las Varillas sembra essere presente un più smagliante biancore, che la rende gentile, ridente e quasi mediterranea.
L’Asociasión Familia Piemontesa de la Sociedad Italiana de Las Varillas, presieduta da Alejandra Gaido, ha provveduto a sistemare i componenti del Gruppo dei Danseur dël Pilon giunti da Torino presso generose famiglie ospitanti, oppure presso accoglienti appartamenti privati appositamente prenotati, come nel mio caso. Il pranzo è stato consumato in una villetta privata, con giardino e piscina, attrezzata con un angolo di cottura per cucinare la carne alla brace. Diego Arzuaga, il sempre sorridente marito di Chaly, ha ricoperto con grande esperienza ed efficacia il ruolo di “azador”, ovvero di addetto alla preparazione degli squisiti azados di carne bovina e suina serviti ai convitati. Canti piemontesi, al suono di fisarmonica e organetto diatonico e danze tradizionali sul prato erboso del giardino hanno rallegrato la compagnia e sancito la solidità di un rapporto amichevole tra i piemontesi al di qua e al di là dell’Oceano. La lingua piemontese ha risuonato a lungo tra i commensali, resa più sciolta dai gustosi vini blancos e tintos, frutto pregiato delle generose vigne argentine.
Ho avuto occasione di chiedere a Sandrin-a Gaido se conosceva l’origine del toponimo “Las Varillas”. Così mi ha risposto Chaly nel suo fluido piemontese d’Argentina: “A smija che ’l nòm a sia la fusion ëd doe paròle: la prima a l’è vaca, la sconda a l’é amarilla, visadì ‘mucca gialla’ an italian, ‘vaca giàuna’ an piemontèis. E sòn përchè probabilment ambelessì a-i ero ’d vache con la pel d’un maròn ch’a tirava sël giàun. E parèj, da l’union dij doi mòt, a sarìa nà la parola ‘Las Varillas’, che a veul dì ‘le vache giàune’”. Un’ipotesi suggestiva, che potrebbe essere verosimile: manca però la prova provata che il toponimo, nato dalla crasi di due parole, abbia avuto veramente questa genesi: bisognerebbe poter chiedere conferma ai primi pionieri piemontesi che colonizzarono queste terre. Ma ‒ ahimé ‒ ciò non è affatto possibile.
Nell’accogliente e capace Teatro della Sede Sociale di Las Varillas si è tenuto lo spumeggiante spettacolo serale. Con il loro brio contagioso, con la loro esplosiva e frizzante verve, Ij Danseur dël Pilon hanno divertito il folto pubblico che ha gremito la storica sala con danze, canti e sketch di teatro popolare in piemontese (detto anche teatro “di stalla”, in quanto storicamente veniva interpretato da attori-contadini, non professionisti, con testi spesso improvvisati su canovacci approssimativi). La Lingua piemontese parlata e recitata è stata uno dei cardini del progetto di questo avvincente tour: i Piemontesi d’Argentina adorano sentirla parlare con l’accento subalpino dei loro nonni. Ed io ho colto ancora una volta l’occasione per recitare sul palco alcune poesie che il pubblico ha gradito, compreso e applaudito. Una di queste, Për colpa dël T-9 (Cien pesos), è stata recitata anche da Alejandra Gaido in castigliano, nella versione da lei stessa realizzata.
A spettacolo finito, il pubblico ci travolge, come se fossimo dei divi di Hollywood. La gente ci abbraccia, si presenta, ci racconta delle proprie origini piemontesi, nomina il paese da cui provenivano i loro nonni, ci chiedono in quale città del Piemonte siamo nati, e pendono dalle nostre labbra, nell’illusione che la nostra città di nascita sia proprio la stessa delle loro origini, e che si conosca qualche loro lontano parente rimasto lassù. Come Henry Romano, ad esempio, che si sofferma a parlare con me e mi racconta con orgoglio che un suo bisavolo è nato a Saluzzo. E mi chiede se per caso in quella città conosco qualcuno con il suo stesso cognome.
Che emozione, che gioia incontrare le comunità piemontesi d’Argentina! Che intensità di rapporti, che slancio, che affetto! E che tristezza, ogni volta, dover ripartire. Ma tant’è: sappiamo che domani ci attende un’altra città, un’altra comunità, pronta ad abbracciarci e a stringerci con altrettanto calore.
Ij Danseur
Na vinten-a d’ànime / fodrà ’d na vesta nèira. / J’òm co’ ’l porilo ’n testa / le fomne con la coefa: / tùit a rivo con la coriera. // A-i é Gabriele da Caramagna / e Giolieta da la Calabria; / Mario, ch’a pòrta ’n sacòcia / un pàira ’d portugaj, / an conta ch’a ven da Ivrea. // Peui le “prime fomne” / Marisa e Vanda, le seure: / a ven-o da Bene Vagienna. // Andrea dël pais dij povron¹, / Adalberto da Cossan², / e peui na bela cobia: / Rinaldo da Civass / ch’a son-a l’organèt, / e Bea da Lusjé³ / che a-j fà bogé ’j pé. // E adess na lista longa: / Carla, Gianni, Rossella e Sandra, / Cristina, Emanuela e Mario, / Piero, Palma, Mauro e Sara / e Giorsin, ël picinin: / tùit a ven-o da Turin. // A manca ancora Roberta: / chila a l’é nen piemontèisa. // ma a l’ha portane l’amor / da la sità ’d Giolieta. // ‘Dcò Gianmario da Gruliasch / a fà part ëd cosa crica / a l’é lontan, ma a l’é an sà / ant ël cheur dij sò somà! // Peui a-i son ij doi “Donna” / ch’a rivo da Borgh San Pàul: / col ch’a comanda, Brunin, / e ’l magìster, mè car amis Sergin. // A balo, a canto, a fan grigné, / a son-o la ghitara, ’l tamborn, l’organèt. // Na ròba ch’am fà stupì: / a son rivà dëdlà dël mar, / dódesmila chilométri e ’d pì: / a son rivà da lontan / ma a parlo istess ’me mi. // Is capioma mej che jë vzin; / i l’oma le stesse impronte, / I l’oma dcò ’l midem deuit: / che bela ròba sto incontr. / Mach na giornà a Las Varillas / an lassa ’n rapòrt / për tuta nòstra vita.
Alejandra (Sandrin-a, Chaly) Gàido | Las Varillas, 8 Novèmber 2022
¹ Carmagnòla (Turin) | 2 Cossan: Cossano Belbo (Cuni) | 3 Lusjé: Lusigliè (Turin, Àut Canavèis)
Le quattro tappe precedenti si possono visionare cliccando PUNTATA 1, PUNTATA 2, PUNTATA 3, PUNTATA 4. Il “diario di viaggio” continua nei successivi articoli pubblicati su questa stessa testata. Le note di viaggio sono tratte Il libro “Dalle radici alle fronde” | Dal Piemonte alla Pampa Gringa, di Sergio Donna. Info e prenotazioni: segreteria@monginevrocultura.net