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Recuperata nell’Astigiano la sonda acchiappa-cometa “smarrita” nei cieli piemontesi

Era finita in un bosco a Settime (Asti), non molto lontana dal punto di atterraggio previsto. E ciò a causa di un forte temporale. Era il 28 luglio, e il piccolo satellite, con una brillante copertura dorata, non poteva mimetizzarsi troppo nella boscaglia in cui era disceso, spinto dal violento temporale, e appeso al pallone che l’aveva portato nella stratosfera, a 35 chilometri di quota. Lassù, dove la Terra si vede quasi come la vedono gli astronauti. «Dopo molti giorni di ricerche, con il supporto di aerei e droni l’abbiamo recuperata a ferragosto, grazie anche alla segnalazione di Angelo Musso, proprietario terriero della zona, di 88 anni», ci dice Roberto Aliberti, torinese, della Turin Space Activity, branca dell’Associazione“Piloti Virtuali Italiani”.

Aliberti dirige il team della missione battezzata “Stardust Gamma Ray”, in omaggio alla sonda NASA “Stardust” che per prima catturò campioni di una cometa per poi riportarli a Terra. Lo stesso obiettivo. Ma naturalmente non a milioni di chilometri dalla Terra, per il satellitino portato in quota dal gruppo torinese, dopo il lancio da Carmagnola (con autorizzazione Enac) tramite un pallone riempito con 4.000 litri di elio puro. Non una vera e propria missione spaziale, ma un metodo a costi contenuti (circa 10.000 euro), per poter comunque fare ricerca a metà tra il cielo e lo spazio: «Avevamo già ottenuto dati soddisfacenti dalla telemetria – dice Aliberti -. Sono stati raccolti dati di rilievo, che ci piacerebbe poi condividere con gli scienziati dell’Inaf, sui raggi cosmici. E ha raccolto i dati sulle polveri cometarie della cometa Swift Tuttle, cioè quella che in agosto il nostro pianeta incrocia, e che crea il celebre effetto delle stelle cadenti. Di fatto, frammenti della coda della cometa».

Quindi, cometa presa per la coda?

«Abbiamo i dati elettronici che confermano – dice Aliberti con orgoglio –. Ora però dobbiamo smontare il satellite, e recuperare la paletta con lo speciale gel che ci darà conferma che le particelle cometarie sono state recuperate. Una grande emozione: particelle che arrivano dalle profondità del cosmo». E’ stata la seconda missione, organizzata dal team Turin Space Activity, dopo quella del 2016: «Ma questa volta abbiamo fatto una vera missione scientifica e le immagini dallo spazio sono ancor più spettacolari», aggiunge Aliberti.

Le ricerche per ritrovare la sonda non sono state semplici: alla guida del socio dell’aviosuperficie astigiana di Castello d’Annone, Bruno Oldano, sono stati impiegati tre piccoli aerei (due Savannah e un Robin), con i quali sono stati battuti 450 chilometri quadrati di boschi. L’Associazione dei Piloti Virtuali Italiani si affaccia così alla scienza, dopo anni di attività didattiche: hanno realizzato simulatori di voli di aeroplani e persino dello Space Shuttle.

Del team fanno parte anche Renato Galter (Coordinatore Piloti virtuali italiani Piemonte, e responsabile della programmazione della scheda Arduino, dell’elettronica e della trasmissione dati a terra), Luca Molinari  (che ha progettato la sonda), Giuliano Valeri, Riccardo Borelli, oltre ai controllori della telemetria Andrea Buoso e Marcello Violante.

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