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Riapre al pubblico il castello di Vogogna, capoluogo storico dell’Ossola Inferiore

Sabato 25 marzo, per i cultori di atmosfere e architetture medievali piemontesi, è una data da segnarsi sul calendario perché riaprirà al pubblico il percorso museale dello splendido castello visconteo di Vogogna, nella bassa Ossola. Tra le tappe imperdibili della visita figurano la torre panoramica, con l’ampia vista sulla valle ossolana, le prigioni, la rinnovata mostra su Leonardo da Vinci, il focus sull’affascinante storia medievale di Vogogna e il prezioso reperto della Testa Celtica di Dresio, uno degli esempi di arte preromana più significativi del Piemonte, espressione dell’antica civiltà dei Leponti.

Il paese di Vogogna, adagiato nel fondovalle ossolano, in prossimità della confluenza del torrente Anza nel fiume Toce, è annoverato tra i borghi d’impianto medievale meglio conservati dell’alto Piemonte.

Da antiche pergamene risulta che la località esistesse già nel X secolo, ma occorre attendere la prima metà del Trecento perché questo villaggio, fino ad allora di scarsa rilevanza benché dislocato lungo la strada del Sempione, assista a un miglioramento delle proprie condizioni, assurgendo a importante presidio militare, roccaforte dei Visconti, e imponendosi come capoluogo dell’Ossola Inferiore, in grado di competere con l’antica Domus Oxile, oggi Domodossola, che era invece centro di riferimento politico, amministrativo e commerciale dell’Ossola Superiore.  

Dopo tre secoli di egemonia dei vescovi di Novara, che fin dall’epoca ottoniana avevano affermato la loro supremazia sul territorio, a partire dal tardo Trecento (con i patti “dedicatorii” del 1381) l’area ossolana cominciò a gravitare nella sfera d’influenza del potere visconteo, scelta obbligata nel tentativo di sottrarsi all’incombente minaccia di incursioni provenienti dal Vallese svizzero. Bisogna però registrare nel 1412 l’entrata in scena di Amedeo VIII, al tempo ancora conte di Savoia (sarà duca dal 1416), che riuscì a ottenere, sebbene solo per pochi anni, in quanto contrastato dai Visconti, la dedizione delle comunità dell’Ossola, anticipando di qualche secolo l’integrazione di questi territori dell’alto Piemonte nei domini sabaudi, che avverrà nel 1743 con il trattato di Worms.

L’apparire dei Visconti tra le forze in gioco modificò i destini della località di Vogogna, favorita in questo sia dalla posizione geografica, a chiusura della valle ossolana (un po’ come la valdostana Bard), sia dalle disastrose inondazioni che a più riprese avevano colpito i centri abitati di Vergonte e Pietrasanta, più importanti e popolosi, determinandone la rovina e l’abbandono in favore proprio di Vogogna. Il borgo franco di Pietrasanta, in particolare, era stato fondato alla metà del Duecento per iniziativa del Podestà di Novara e costituì, per un certo periodo e fino all’alluvione del 1328, il centro di riferimento dell’Ossola Inferiore.    

Vogogna venne perciò scelta dai Visconti come sede di una postazione fortificata a guardia della valle ossolana, bersagliata dalle scorrerie dei Vallesani svizzeri, ergendosi a capoluogo dell’Ossola Inferiore. Pur preesistendo in loco un sistema di fortificazioni, imperniato sulla cosiddetta Rocca, di cui rimangono alcune vestigia sulla rupe del monte Orsetto, sovrastante il borgo antico, il paese, per volere di Giovanni Visconti, arcivescovo di Milano, che condivideva con il fratello Luchino le responsabilità di governo, venne munito d’un castello possente, eretto a protezione dell’abitato, che è quello tutt’ora visibile e aperto alle visite.

L’edificio in pietra, ingrandito nelle forme attuali nel 1348, appare difeso da una massiccia torre, dalla forma a ferro di cavallo, che incombe sul paese e che risulta collegata a un’altra torre, più antica e conservata solo parzialmente, mediante un poderoso fabbricato quadrangolare. Il circuito murario, che cingeva il borgo facendo perno sul castello, è sopravvissuto solo in pochi tratti, essendo stato quasi del tutto smantellato nel corso del Settecento, quando, venute meno le esigenze difensive, si autorizzò la popolazione a reimpiegare il materiale per scopi costruttivi.  

Mancano notizie certe in merito ai probabili danni subiti dalla struttura nel 1360, quando, nel corso dell’aspra contesa che contrapponeva i Visconti al marchese del Monferrato Giovanni II Paleologo, il borgo di Vogogna venne assaltato dalle truppe marchionali, e nel 1374, a seguito dell’attacco militare sferrato dagli Spelocri, fazione predominante nel comune di Domodossola, rivale di Vogogna. La minaccia di invasioni vallesane spinse poi nel 1412 le comunità ossolane a invocare la protezione del conte di Savoia Amedeo VIII, come ricordato in precedenza, ma si intrecciò anche con l’accesa contrapposizione tra Vogogna e Domodossola, inducendo l’Ossola Inferiore nel 1416 a stringere alleanza proprio con i Vallesani per frenare le ambizioni dell’Ossola Superiore.       

Nel cuore del borgo, ai piedi della scalinata che conduce al castello, si può ammirare un altro edificio legato all’esercizio del potere nel periodo tardo-medievale, il Palazzo del Pretorio, risalente agli stessi anni in cui fu edificato il castello. La costruzione, pur conservando l’impianto architettonico trecentesco, che mostra affinità con i broletti d’area lombarda, venne però in parte alterata da un intervento ottocentesco di intonacatura delle pareti, che occlude alla vista la tessitura muraria delle origini.

L’edificio, che fu sede del governo dell’Ossola Inferiore fino all’epoca moderna (1818/19), era adibito a funzioni giuridico-amministrative della comunità, con uno spazioso porticato con arcate a sesto acuto che ospitava il mercato settimanale.

Dal 1446 la comunità di Vogogna entrò a far parte dei possedimenti della potente famiglia Borromeo, che intervenne ad apportare migliorie al castello, rafforzando la torre a ferro di cavallo con l’apparato a sporgere che caratterizza la sommità del fabbricato.   

Tra le testimonianze della storia di Vogogna, occupa un posto di primo piano il cosiddetto Mascherone Celtico, tra gli esempi d’arte preromana più significativi del Piemonte, ascrivibile alla civiltà dei Leponti o Leponzi (da cui Alpi Lepontine), stanziati nell’Ossola dell’Antichità e mescolati all’elemento gallico.

Il mascherone, collocato dal 1753 a fianco dell’oratorio di San Pietro in frazione Dresio, restaurato nell’anno 2000 a cura della Soprintendenza di Torino e oggi visibile nel percorso museale del castello visconteo di Vogogna, è databile al III-II secolo a.C. e presenta elementi di contatto con la cultura figurativa celtica dell’Europa orientale. Realizzato in pietra ollare della valle Antrona, riproduce le fattezze d’una divinità indigena delle acque salutifere e della vegetazione, identificata da Gambari nel dio celtico Verkos/Belenos, assimilabile ad Apollo (si ritiene che rimanga traccia del nome Verkos nel toponimo Vergonte, la località ossolana distrutta dalle alluvioni del primo Trecento).

In origine si trattava di una “testa a tutto tondo”, ma in seguito venne modificata e appiattita sul retro, forse per essere adattata al suo riutilizzo, già in epoca romana o tardoantica, come bocca d’una fontana, da cui sgorgavano acque ritenute depositarie di proprietà benefiche e salutari, funzione mantenuta anche in epoca cristiana. Il mascherone di Vogogna, eccezionale testimonianza della qualità della cultura figurativa raggiunta dai Leponti, presenta interessanti decorazioni, con forti valenze simboliche tipiche della scultura proto-celtica, con richiami alla sacralità degli alberi e alle acque.   

 

 

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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