Roppolo, riapre il castello del “murato vivo” che fu di Bichieri e Valperga
ROPPOLO. Conosciuto sino a tempi recenti come sede d’un ristorante e dell’Enoteca regionale della Serra, il castello di Roppolo, arroccato su un’altura morenica a dominio del lago di Viverone, è stato riaperto alle visite nella prima decade di maggio. La rinascita del castello, la cui esistenza come fortilizio è documentata sin dal X secolo (risale al 963 il diploma dell’imperatore Ottone I con la prima menzione del “castrum Ropoli”), è stata voluta dal nuovo proprietario, conte Patrick Saletta, nato e cresciuto in Francia ma di origini piemontesi, che, dopo aver trovato all’atto dell’acquisto, due anni or sono, un edificio in parte snaturato da destinazioni d’uso improprie ha avviato i lavori per riportarlo agli antichi fasti, arredandolo ex novo con oggetti, tele e mobili della sua collezione.
Oltrepassata la cinta muraria, dinnanzi alla chiesa di San Michele, che custodisce l’insigne reliquia del capo di San Vitale, qui traslata da Ravenna forse per merito del cardinale Guala Bichieri, il visitatore è accolto da un piccolo giardino all’italiana, raccolto attorno a una fontana zampillante circondata dalle rigorose geometrie delle siepi di bosso. Dagli spalti del castello, in posizione dominante sulle vie che da Vercelli conducono a Ivrea e Aosta, lo sguardo abbraccia verso occidente il lago di Viverone, specchio d’acqua d’origine morenica che è la testimonianza viva di come i ghiacciai baltei, espandendosi nel Quaternario, abbiano modellato il paesaggio, lasciando dietro a sé, dopo lo scioglimento, una serie di segni attestanti la loro antica presenza, i laghi morenici, la Serra d’Ivrea, i rilievi collinari creati dai depositi glaciali.
Tutt’intorno al lago, dove si sviluppò nell’Età del Bronzo Medio un’evoluta civiltà palafitticola, battezzata dagli studiosi “cultura di Viverone” con tratti comuni rilevabili in un’area più estesa dell’attuale Piemonte, quali la produzione di armi in bronzo e di ceramiche con motivi caratteristici, l’uso del cavallo e della ruota, l’abitudine a spostarsi sulle vie d’acqua a mezzo di piroghe, si erge una corona di colline rivestite di boschi alternati a vigneti, che conservano tracce di insediamenti antichi, dai Celti Victimuli ai Longobardi.
Valicando il portale d’ingresso al castello, non coincidente con quello originario, ma dovuto ai restauri ottocenteschi che, in pieno revival neo-medioevale, aggiunsero anche il finto fossato, si ammira l’aggraziato cortile, porticato su due lati. Alle pareti campeggiano i segni che richiamano l’identità delle famiglie artefici delle principali fasi costruttive del castello, nel XIII secolo e poi nel Quattrocento: l’arme “parlante” dei Bichieri, con i tre bicchieri riempiti di vino a metà, che, pur avendo la funzione originaria di evocare il nome della famiglia con un gioco di parole, vennero in seguito collegati alla leggenda dell’antenato coppiere che, sventato l’avvelenamento dell’imperatore Lotario II, ne ottenne in cambio il diritto di esibire i calici nello stemma, e quella dei conti Valperga, che si mostra però priva del ramoscello di canapa.
I Bichieri, antica famiglia vercellese, vanta tra i suoi esponenti il cardinale Guala Bichieri, diplomatico al servizio del Papa: fuil nipote Pietro, capo ghibellino vissuto nel XIII secolo, a rafforzare il castello contro le opposte mire dei marchesi del Monferrato, dei Visconti e dei Savoia. I Valperga, potente famiglia derivante da quei “conti del Canavese” che vantavano come capostipite Arduino, marchese anscarico d’Ivrea, subentrarono ai Bichieri alla metà del XV secolo a seguito dell’incorporazione di Roppolo negli Stati Sabaudi e dell’infeudamento della località a Ludovico Valperga, fratello di Giacomo Valperga, signore di Masino.
I Valperga ingentilirono la fortezza, reduce dai danneggiamenti dovuti all’occupazione di Facino Cane nel 1391: l’edificio, pur acquisendo un nuovo prestigio, con l’aggiornamento stilistico e l’ingrandimento della struttura, conservò i caratteri di castello recinto, impostato attorno alla possente torre quadrata, l’antico mastio. L’apparato a sporgere sui quattro lati, con la fila di beccatelli in laterizio, evidenzia l’impronta quattrocentesca. A oriente dell’edificio è tuttora presente, sebbene modificato, il ricetto, che nel caso di Roppolo non è un’entità autonoma, bensì un’appendice del castello.
Durante la signoria dei Valperga si verificarono i tragici fatti alla base della leggenda del “murato vivo” e della moglie, Maddalena, il cui spirito aleggerebbe attorno al castello reclamando giustizia per il marito. Durante i lavori eseguiti nell’Ottocento, quando il castello di Roppolo assunse l’aspetto d’una villa signorile, spogliata ulteriormente dei connotati di fortezza con l’intonacatura su tre lati (solo il lato nord mantiene la muratura a vista), vennero alla luce in un’intercapedine un’armatura e uno scheletro umano, che venne identificato con i resti mortali di Bernardo Valperga signore di Mazzè, scomparso misteriosamente, forse per mano di Ludovico Valperga, suo compagno d’arme.
La vicenda di Bernardo s’inserisce in un intricato contesto internazionale che nel 1451, all’indomani della morte di Filippo Maria Visconti (1447), vide contrapporsi da un lato Aragona, Monferrato, Savoia, Venezia e dall’altro lato gli Sforza appoggiati dalla Francia per il predominio sul Ducato di Milano. Le truppe sabaude del duca Ludovico di Savoia erano comandate da Guglielmo di Monferrato che aveva ai suoi ordini Ludovico Valperga e Bernardo Valperga di Mazzè, divisi da dissapori personali. Quest’ultimo venne catturato dallo Sforza, che reclamò un riscatto per la sua liberazione. Il rilascio, ottenuto da Ludovico, avvenne sulle rive del Ticino, ma da quel momento in avanti non si ebbero più notizie di Bernardo. In un documento del 1461 riferito a Bernardo si legge di un annegamento nel fiume, pratica d’altronde diffusa al tempo, se si considera che Giacomo Valperga, fratello di Ludovico, cancelliere di Savoia, nel 1462 venne messo a morte, dopo sommario processo, proprio tramite annegamento nelle acque del lago di Ginevra.
C’è chi ipotizza però che Bernardo sia stato imprigionato nelle segrete del castello di Roppolo, dove venne poi murato in una cella. Rimane il mistero.
Nei secoli seguenti, tra Cinquecento e Seicento, numerose vicende belliche coinvolsero Roppolo: in particolare, durante la guerra civile piemontese tra Madamisti e Principisti a metà Seicento, alloggiò nel castello il principe Tommaso di Savoia, cognato della prima Madama Reale, che da qui diresse le operazioni per salvare Ivrea dagli assedianti francesi.
La visita al castello può essere prevista come tappa di un itinerario attorno al lago di Viverone, zona che offre molteplici attrattive, dall’esercizio di sport acquatici alle camminate su percorsi segnalati, che attraversano boschi e vigneti, toccando luoghi intrisi di storia e arte. Tra le aziende vinicole dell’area, che vantano come prodotto di punta l’Erbaluce di Caluso Docg, si segnalano l’azienda CellaGrande a Viverone, in parte ricavata in un’antica abbazia benedettina poi soppressa, di cui sopravvive parte della struttura e il campanile, e l’azienda Pozzo, pluripremiata, che annovera in particolare l’Erbaluce Natural 100%, da uve coltivate in una vigna di oltre cinquant’anni, su terreni aridi glaciali, senza ricorso a diserbanti, solfiti e lieviti aggiunti, e l’Erbaluce Reirì, che esalta i profumi grazie alla tecnica della criomacerazione.