Diario di viaggio “Dal Piemonte alla Pampa Gringa”, passando per Buenos Aires (II parte)
Prosegue il diario dell’ambasciata culturale dei “Danseur dël Pilon” alla ricerca dei discendenti dei Piemontesi d’Argentina
Buenos Aires, 2 Novembre 2022, Mercoledì
Oggi ci rechiamo al Barrio Recoleta, zona storica di Buenos Aires, dove è accolto uno dei più antichi cimiteri della capitale, ora interamente inglobato nel tessuto urbano: qui visitiamo, tra quelle di diversi personaggi illustri, anche la tomba di Eva Perón. Ma ciò che colpisce è la presenza massiccia di cognomi italiani sulle tombe di famiglia, prova inconfutabile della numerosa e forse prevalente comunità italiana.
Poi ci si reca a Puerto Madero, un’area ora portuale che costeggia la sponda meridionale del Rio de La Plata, ma che un tempo era la spiaggia di Buenos Aires: oggi le fanno corona numerosi altissimi e moderni grattacieli.
Il “collettivo” ci porta al Museo de Los Immigrantes, una imponente costruzione, decorosa ma severa, dove venivano alloggiati per alcuni giorni gli immigrati, soprattutto italiani e piemontesi: avevano poco meno di una settimana di tempo per trovare un alloggio alternativo ed un lavoro. Dopo di che, con le loro famiglie, dovevano abbandonare quell’ostello provvisorio per lasciare il posto a nuovi immigrati.
Di qui, raggiungiamo la Boca, il quartiere più colorato della capitale, dalle casette basse e variopinte. Erano gli antichi conventillos, case fatiscenti, condivise tra più famiglie, in cui trovavano riparo gli immigrati provenienti da molti porti d’Europa, ma soprattutto da Genova. In questo barrio pittoresco, un tempo borgo di pescatori, oggi inondato dalle note di tanghi e milonghe spontanee, riecheggiano ancora le voci dei portuali genovesi, che qui avevano scelto di fermarsi dopo la lunga traversata oceanica. E nell’aria, aleggiano profumi di mare, di fiori, di frutti, di dulce de leche, mixati a volatili sapori di empanadas, chorizo e di azado, frammisti alle grida incitanti dei tifosi sugli spalti dello Stadio del Boca, che inneggiano agli Xeneises.
Alla sera, facciamo un salto al Caffè Tortoni, un elegante e storico locale tipicamente porteño, un Café chantant, luogo di incontro di intellettuali, poeti, scrittori e musicisti, argentini e stranieri (fu frequentato anche da Pirandello), a due passi da Plaza 25 de Mayo. Qui incontro per la prima volta di persona e con grande emozione Juliàn Greppi, nipote di uno zio di mia madre, Luis Greppi, emigrato negli Anni Trenta in Argentina. Partito da Moncrivello (Vc), affrontò il lungo viaggio verso l’ignoto, e laggiù, lavorando sodo con foga e resilienza tipicamente piemontese, seppe trovare la meritata fortuna. È stato bello trovarci: chi ha parenti lontani (quasi tutti, del resto, abbiamo qualche parente in Argentina o in qualche altro paese d’Oltremare) sa bene quanto è forte l’impulso di mantenere vivo o di riallacciare il legame con le persone care, che vivono lontane da noi. Insieme, abbiamo assistito ad un’avvincente spettacolo di tango scenario, con inframmezzi di melodiche canzoni argentine, intonate dal vivo da un cantante porteño di madre napoletana.
Buenos Aires, 3 Novembre 2022, Giovedì
Il terzo giorno ci attende una gita in battello sul delta del Rio Paranà. Ci trasferiamo a Tigre, e di lì ci imbarchiamo su un guizzante natante, probabilmente costruito negli Anni Cinquanta: è molto simile ad un vaporetto veneziano, dalla lucida chiglia in fasciame di teak. Navighiamo tra i rii che si insinuano tra le miriadi di isole e isolette in cui si ramifica il delta: tutto intorno un’oasi verde, dalla vegetazione folta e variegata. Sugli eucaliptus nidificano e fischiano gioiosi stormi di pappagallini verdi. Fiancheggiano le sponde decine di case e villette. Ridenti e assolate, appoggiano su palafitte, per proteggersi dai periodi di piena: molte hanno un giardino, rasato come il green di un campo da golf; alcune hanno attrezzato sulle rive spiaggette private, con ombrelloni e sedie a sdraio.
Raggiungiamo la parte più aperta del delta: di fronte a noi si estende la linea retta che delimita la sponda sinistra uruguayana del grande fiume. Poi inforchiamo il corso del fiume Carapachay e facciamo tappa per il pranzo in un agriturismo gestito da un ristoratore che ha lasciato la sua Sardegna per stabilirsi in questo angolo incontaminato e solitario del Sudamerica. Dopo aver pranzato, cantato e danzato in allegria, riprendiamo la navigazione sul fiume, diretti verso il porto di Tigre, e di qui facciamo ritorno alla capitale.
Buenos Aires è la capitale del tango, una danza che non poteva che nascere qui, alla Boca, nel quartiere più porteño della città, crogiolo e mistura di culture, di suoni, di sentimenti, di struggente nostalgia, di rimpianti e di rivendicazioni, ma anche di aneliti di speranza per un rinnovato domani. E allora, non può mancare una serata in milonga. Con un gruppo di danseur, su segnalazione di Mimì, ci rechiamo alla milonga En Lo De Balmaceda. È nel quartiere di San Telmo, lo stesso del nostro hotel, in Via Adolfo Alsina al n° 1465. Decidiamo di raggiungerla a piedi: dista da noi solo 8 o 9 “quadre” (una quadra equivale ad un isolato di circa 100-120 metri). Ci sorprende il fatto che la milonga si trovi in un elegante edificio (Palacio Barolo) che un tempo accoglieva una Scuola Italiana. Saliamo al 1° piano percorrendo la spaziosa rampa di scale: alle pareti, targhe in bronzo scritte in italiano ricordano l’aulico passato di questo prestigioso Istituto scolastico. Ci accolgono con il sorriso i docenti, Stella Baez e Ernesto Balmaceda. Entrambi hanno effettuato stages in Italia come maestri di tango, e conoscono bene la nostra lingua.
Ci chiedono se vogliamo partecipare ad una lezione gratuita: come rinunciare? Sotto l’occhio attento dei docenti, io e mia moglie Vanda, insieme ad un’altra coppia di danseur, ci cimentiamo in un’inedita e fluida figura tanguera, arricchita dagli “adorni” della dama, che la rendono più elegante e suggestiva. Chissà se ce la ricorderemo quando saremo di nuovo a Torino. A lezione finita, iniziano le danze: la milonga si riempie di decine di coppie di ogni età. I cavalieri indossano giacche a doppio petto ed ampi pantaloni con le pinces. Le dame portano le tipiche scarpette da tango, che avvolgono come guanti lucenti i loro piedi che sembrano volare e staccarsi dal suolo. E tutti ruotano nella sala, illuminata dagli spot blu, come in una giostra che trascina le menti nel vortice di uno spensierato e romantico sogno porteño senza età e senza tempo.
Sergio Donna
Il Diario di viaggio continuerà domani su questa testata. L’articolo precedente si può visionare cliccando QUI.