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Stalking a suora per vendetta, chiesta condanna nei confronti di un preside

TORINO. Anche le suore possono essere vittime di stalking. E per stalking non si deve necessariamente intendere un crescendo di attenzioni sgradite a sfondo sentimentale o sessuale: può essere stalking anche la petulanza con cui un sindacalista denuncia problemi inesistenti in un istituto religioso. Così, secondo la procura di Torino, si deve leggere un caso approdato nel tribunale del capoluogo piemontese, dove oggi il pm Dionigi Tibone ha chiesto due anni di carcere per un uomo che nel 2015 aveva tempestato di email una quantità di persone. La suora, madre generale di un istituto in Valle di Susa, ne aveva ricevute, da sola, una quarantina.

L’imputato, di professione preside in un Itis di Torino, nella veste di sindacalista Ugl per gli Enti religiosi denunciava ripetutamente numerose irregolarità nei sistemi di sicurezza e nell’inquadramento contrattuale di chi lavorava nella struttura. «Mi hanno procurato un senso di prostrazione – ha detto in aula la suora, che si è costituita parte civile con l’avvocato Gabriele Pezzano – fino a sfociare in depressione. Le mail erano tutte più o meno dello stesso tenore, sul fatto che avrei passato dei guai se non fossi scesa a patti per le trattative sui lavoratori della casa di riposo».

Il preside aveva mandato messaggi (una decina) anche all’allora direttore della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, al vescovo, al sindaco di Susa e al direttore di un giornale locale. In un’occasione, l’imputato aveva organizzato un volantinaggio “con frasi denigratorie” di fronte alla chiesa del fondatore dell’ordine. Ma le denunce dell’imputato, secondo il capo di imputazione, erano “prive di fondamento” e “inesistenti”. Tanto attivismo nascondeva, secondo il pm Tibone e il patrono di parte civile della suora, l’avvocato Gabriele Pezzano, desiderio di vendetta e ragioni di interesse personale: quattro anni prima l’imputato avrebbe proposto come direttore dell’Istituto un suo amico, che ottenne il posto ma venne poi allontanato; inoltre avrebbe voluto che la gestione venisse affidata a una cooperativa.

Il difensore del preside, avvocato Alessandro Parrotta, ribatte che non “esiste alcuna vendetta né ritorsione”, ma solo “richieste legittime”. L’imputato si era difeso spiegando di aver svolto correttamente il suo ruolo di sindacalista. «Sono convinto – dice Parrotta – che non sussistano responsabilità a carico del mio assistito. Abbiamo piena fiducia nella magistratura». La sentenza è prevista in autunno. (ANSA)

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