Torino a 35 mm: il reduce di guerra che diviene bandito in una città appena uscita dalla guerra…
La Torino del 1946 è una città sconvolta, desolata e desolante, come lo sono gran parte delle città d’Italia. Girando per le strade si sentono raccontare storie incredibili, soprattutto tra i reduci che rientrati a casa trovano l’Italia ribaltata dopo la prigionia e i valori precedenti del tutto rovesciati. In questo contesto nasce il film Il bandito (1946, durata 95′) diretto da Alberto Lattuada. Il regista originario della bergamasca sceglie il capoluogo subalpino dopo aver ascoltato i dialoghi dei reduci all’angolo delle strade. A colpirlo è soprattutto il crescente desiderio desiderio di farsi giustizia da sé, l’insofferenza e lo scivolare fuori dalla legge: l’uomo che non riesce più a inserirsi. Sono parole del regista: “Decisi di portare il soggetto al produttore Ponti, ma lui il film non lo volle fare. Allora andai da De Laurentiis che mi confermò che l’avrebbe fatto lui. Nei giorni scorsi diede un assegno alla Magnani e si accordò a Torino con Gualino e Rovere. Quest’ultimo e diede un po’ di ossigeno a Dino perché aveva capito che lui era un esplosivo. A Torino lo appoggiò moltissimo: ci diede dei mobili, delle cose della sua falegnameria, ci procurò dei mezzi, delle conoscenze“.
Il bandito, terzo film di Lattuada dopo Giacomo l’idealista (1942) e La freccia nel fianco (1943-44), rappresenta la prima delle due prove neorealiste (la seconda sarà Senza pietà, del 1948) che il regista propone nell’immediato dopoguerra. Si tratta di un lavoro dall’architettura narrativa complessa e articolata, con una prima parte di osservazione documentaria dove viene messa in risalto la condizione vissuta dal reduce al suo rientro in patria, una seconda debitrice agli schemi del romanzo poliziesco che si costruisce su un’affastellarsi di colpi di scena e di rocambolesche avventure. Il finale, poi, riserva una forte carica emotiva che il regista dichiarava di aver scelto appositamente.
Del cast, oltre alla già citata Anna Magnani nei panni di Lydia, fanno parte Amedeo Nazzari (Ernesto Bruneri), Carlo Campanini (Carlo Pandelli), Carla Del Poggio (Maria), Mino Doro (Mirko), Folco Lulli (Andrea), Eliana Banducci (Rosetta Pandelli), Gianni Appelius (Calligaris), Amato Garbini (Faustino il tenutario), Thea Aimaretti (Tecla, la tenutaria), Ruggero Madrigali (il Negriero), Mario Perrone (il Gobbo). L’interpretazione di Nazzari gli valse il Nastro d’argento al miglior attore protagonista 1947.
Il film ottenne un grande successo commerciale. Costato a De Laurentiis 11 milioni e prevenduto a Gualino per 18 milioni, incassò sul mercato italiano 184 milioni (quando il prezzo medio del biglietto era di poco superiore a 50 lire), risultando quarto nella classifica degli incassi dei lungometraggi usciti durante la stagione 1946-47. Fu presentato anche alla prima edizione del Festival di Cannes.
La trama in breve. Dopo anni di guerra, di sofferenze e solitudine, Ernesto ritorna a casa, a Torino. Ma in città, ad attenderlo, è una realtà desolante: la madre è morta e la sorella è scomparsa. All’Ufficio reduci trova soltanto egoismo e cinismo e la ricerca di un lavoro è vana. Per una casualità Ernesto conosce Lydia, una signora elegante, con cui nasce un momento di passione, interrotta da Mirko, amante e complice della donna. In un capoluogo subalpino sempre più notturno e spettrale, l’uomo trova poi la sorella, diventata prostituta. Nel cercare di convincerla a lasciare la casa di tolleranza scoppia una rissa con il tenutario, un colpo di pistola uccide la ragazza ed Ernesto trova rifugio da Lydia, che lo accoglie nella banda di malviventi che capeggia. Ernesto diventa il suo amante ma cerca di mantenere, anche da bandito, certi principi morali, finché donna, che si sente defraudata del proprio ruolo, decide di andarsene e denunciare tutti alla polizia. Il gruppo in fuga si scontra con la polizia. Il destino fa incontrare a Ernesto la nipotina del compagno di un tempo, con cui c’è stata una tenera corrispondenza. Ernesto abbandona la banda e riporta a casa la bambina. In prossimità della casa, si congeda dalla bambina e, mentre si sta allontanando, viene sorpreso e ucciso dai carabinieri.
Tra le location che si possono riconoscere: via Cesare Battisti e piazza Carignano. Davanti al ristorante del del Cambio, Nazzari vede uscire a Magnani che perde la pochette.
Piero Abrate