“Turin, mon amour!”: l’infatuazione degli scrittori francesi per la Torino del Settecento e dell’Ottocento
Forse qualcuno stenterà a crederlo, eppure sono davvero molti gli intellettuali e gli scrittori francesi che si sono innamorati di Torino, nonostante che – in genere – gli abitanti d’Oltralpe abbiano sempre nutrito una malcelata diffidenza per il Piemonte e per i Piemontesi, considerati perlopiù un popolo di gente grezza, riservata e brontolona, ostica nelle guerre, e che parlava una lingua strana, che a tratti risuonava come una caricatura della loro raffinata parlata d’Oltralpe.
Soprattutto nel Settecento e nell’Ottocento, sono stati molti gli scrittori e i poeti transalpini che hanno valicato le Alpi attraverso la Val di Susa per visitare il bel Paese e arricchire le loro conoscenze, entrando in contatto diretto con la cultura italiana e la esuberante e incomparabile ricchezza artistica delle città della Penisola italica.
Ai più non sarebbe passata neppure per l’anticamera del cervello l’idea di soffermarsi più di una notte a Torino, una piccola città, considerata poco più di una tappa obbligata di viaggi lunghi, faticosi e disagevoli, a bordo di sobbalzanti carrozze. Eppure, molti di essi (e forse la maggior parte) sono poi rimasti rapiti dal fascino del tutto inaspettato di Torino, capace di conquistare i più distratti visitatori, e suscitare commenti entusiastici. Così, dopo averne scoperta la bellezza unica ed esemplare, molti di loro finirono per tornarci dopo aver programmato un 0soggiorno più prolungato.
Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, noto filosofo, storico e giurista francese (1689, La Brède, Aquitania | 1755, Parigi), ad esempio, giunse a Torino il 23 Aprile del 1728. E fu talmente colpito dalla bellezza della capitale subalpina che nel suo “Voyage en Italie” scriveva:
“Torino è una città molto allegra, piuttosto piccola, anche se è stata ingrandita da Carlo Emanuele II, padre dell’attuale re (Vittorio Amedeo II), e che l’attuale re, dopo l’Assedio, ha provveduto ulteriormente ad ingrandire. I nuovi ampliamenti urbanistici pare siano stati tracciati con una squadra. La Piazza principale (Piazza Castello) è una delle più belle cose che si possano vedere: su di essa si affaccia il Palazzo Reale e numerosi armonici palazzi appartenenti a privati. Al centro della piazza si erge l’edificio che la defunta Madama reale ha fatto costruire e che è d’una architettura magnifica. Il Palazzo del Principe di Carignano è parimenti magnifico: l’entrata si compone d’un grande e sinuoso corpo centrale, all’interno del quale si apre un porticato ovale, con otto colonne doppie da ogni lato… Da ambo le parti del portico, si può salire a tre stupendi saloni superiori… è un autentico capolavoro… In sintesi, Torino è una piccola città, ma costruita in modo perfetto: possiamo dire che è la cittadina più bella del mondo”.
Davvero un commento lusinghiero, quasi commovente.
Dal canto suo, Jean-Jacques Rousseau (Ginevra, 1712 | 1778 Ermenonville, Francia, Oise) – come racconta nelle sue “Confessioni” (Les Confessions) – dopo essere stato accompagnato da una guida sulla collina di Torino, rimase letteralmente senza fiato nel contemplare il panorama della città e l’ampia chiostra alpina innevata che abbracciava la pianura:
“Mi condusse fuori città, su di un’alta collina, sotto la quale scorreva il Po, di cui potevo scorgere il corso attraverso le rigogliose sponde: in lontananza si stagliava l’immensa catena delle Alpi che faceva corona al paesaggio. I raggi del sole crescente illuminavano orizzontalmente la pianura e proiettavano lunghe ombre di alberi e di case, creando mille giochi di luce, e disegnando il più bel dipinto naturale di cui l’occhio umano si possa stupire”.
Alphonse de Lamartine (1790, Mâcon, Francia | Parigi 1869) compì in Italia diversi viaggi culturali. Sentite cosa scriveva a proposito di Torino questo grande poeta francese:
“Impossibile immaginare una città più bella di Torino: c’è tutto, non manca niente; nulla imbarazza lo sguardo: tutto è bello e meraviglioso. Prendete i più bei palazzi di Parigi, Lione, Bordeaux: immaginate di abbellirli con delle decorazioni in stile italiano; metteteli gli uni accanto agli altri e formate delle strade porticate e ben allineate: a questo punto avrete solo una piccola idea di cos’è Torino. Più il mio viaggio continua, e più scopro altre città, senza mai trovare però un’altra Torino”.
E che pensava di Torino Gustave Flaubert (1821, Rouen | 1880, Croisset, Canteleu, Normandie)? Dopo aver visitato l’Armeria Reale, nel 1845 così ebbe a scrivere:
“Un grande Museo d’Artiglieria, tenuto in modo esemplare. Completamente diverso da certi musei in cui le armature, per quanto belle, si riempiono di povere e di ragnatele. Tutto quanto qui è esposto, è ordinato e pulito…. Queste corazze sono servite a proteggere dei cuori palpitanti e coraggiosi: come quella del Principe Eugenio di Savoia, che mostra i fori di due proiettili… C’è la sella di Carlo Quinto, in velluto rosso bordato d’argento, di foggia francese, con orli davanti e dietro… Ma ciò che è più curioso sono le armature orientali, turche ed arabe”.
Dunque, il fascino torinese faceva colpo sugli intellettuali d’Oltralpe non solo per le bellezze architettoniche e naturalistiche della città, ma anche per il suo pregevole patrimonio museale e culturale.
Chiudiamo con un apprezzamento di carattere gastronomico. Torino, già allora, colpiva i visitatori stranieri anche per le sue specialità alimentari e culinarie. Un vero paradiso per i gourmets di ogni provenienza. Non c’è dunque di che stupirci se Alexandre Dumas padre (1802, Villers-Cotterêts, Dipartimento dell’Aisne, Haute France | 1870, Neuville-lès-Dieppe, Normandia), dopo aver tastato un “bicerin” nello storico locale di fronte alla Chiesa della Consolata, si esprimesse così:
“Tra le buone cose riscontrate a Torino, non dimenticherò mai il “bicerin”, una particolare bevanda composta di caffè, latte e cioccolato, che si serve in tutti i locali ad un prezzo relativamente basso”.
Rispetto ai tempi di Dumas, oggi le tariffe sono certamente lievitate, ma ci sta: la fama del “bicerin” nel frattempo è cresciuta (e di molto) nel mondo, ed anche il “bicerin” si sottomette alla incontrovertibile legge economica della domanda e dell’offerta, legge inconfutabile, a Torino come in ogni altra città del pianeta.
Sergio Donna | 9 Aprile 2022