Una mostra dedicata a Marisa e Mario Merz nell’ex centrale termica delle Officine Lancia
La rassegna allestita a Torino, in Borgo San Paolo, riunisce le opere dei due artisti torinesi in un suggestivo percorso comune. Sarà visitabile per tutta l’estate 2021
Compagni di vita per oltre mezzo secolo, Mario e Marisa Merz, artisti torinesi di fama internazionale ed esponenti della corrente dell’Arte Povera hanno saputo condividere geniale creatività e normale quotidianità.
TORINO. Tra i più grandi artisti torinesi del Novecento, una posizione di spicco compete sicuramente a Mario Merz, pittore e scultore, esponente della corrente dell’Arte povera. In realtà Merz era milanese di nascita (Milano, 1925), ma fu a Torino che svolse quasi tutta la sua attività artistica. Proprio a Torino, quando Merz aveva solo 19 anni, fu allestita la sua prima mostra personale presso la Galleria la Bussola. La sua fama crebbe gradualmente in ogni parte del mondo: rassegne di opere di Mario Merz sono state esposte nei più prestigiosi Musei internazionali. Merz morì a Torino nel 2003.
Compagna di un lungo percorso artistico e di vita di Mario è stata la moglie Marisa, anch’essa torinese (Torino 1926 | Torino 2019), che con Mario è da considerarsi un’esponente di spicco tra gli artisti dell’Arte povera, e che ha saputo creare opere geniali con l’utilizzo materiali di recupero: cera, fili di rame, legno, ecc. Memorabili sono le sue teste di cera e le sculture figurative di argilla, ma Marisa Merz è stata anche autrice di disegni, sculture e dipinti.
Curata da Mariano Boggia, la Fondazione Merz ospiterà per tutta l’estate 2021 nei locali di Via Limone (che furono sede della Centrale Termica degli ex stabilimenti Lancia, la fabbrica per antonomasia di Borgo San Paolo nel Novecento), una Mostra che è ‒ congiuntamente ‒ un omaggio all’arte dello stesso Mario Merz, cui la Fondazione è dedicata, ma anche a quella della sua compagna di vita, Marisa Merz.
Un’affiatata coppia artistica, che fu coppia affiatata anche nella vita, e di cui – raramente ciò è avvenuto prima – è ora possibile ammirare opere spesso mai precedentemente esposte: l’allestimento, che i luminosi locali esaltano e valorizzano, riguarda un centinaio di opere d’arte, di pittura e scultura, molte delle quali facevano parte del personale arredamento di Marisa e Mario Merz. Visitare questa Mostra è un po’ come essere invitati in casa Merz, e poter ammirare sulle pareti domestiche dei due artisti i loro dipinti esposti, e contemplare gli incantevoli complementi di arredo – sculture affascinanti – appoggiati sui mobili come suppellettili.
Colpisce il visitatore il fatto che le opere non siano accompagnate da alcuna spiegazione, né esistono cartelli o cartigli che chiariscano chi dei due artisti ne sia stato autore. E ciò è un punto di forza per chi visita l’esposizione, perché lo stimola ad una visione più attenta e a interpretazioni soggettive, anche se – alla fine – è possibile scoprire quei tratti comuni tra le varie opere esposte, che ne facilitano l’attribuzione all’una o all’altro autore. E così tavoli, igloo, tavole di anatomia, atlanti di zoologia, progressioni aritmetiche di Fibonacci, illuminazioni al neon, erbari giganti riconducono inequivocabilmente alla creatività di Mario. Volti di donna, dipinti, disegnati o scolpiti, fontane con acqua ci riportano invece all’estro di Marisa.
Scrive Mariano Boggia: “Le loro opere manifestano modalità espressive diverse, ma strettamente collegate e interagenti, come strettamente uniti e inseparabili sono sempre stati i due artisti: insieme hanno lavorato nei comuni spazi dello studio e della casa; insieme si sono mossi nel mondo esercitando ciascuno sull’altro stimoli, incoraggiamento e protezione”.
Uno dei fil rouge che legano tra loro le opere dei due artisti è che esse paiono come sospese in un “tempo presente infinito”: siano esse state realizzate in punta di matita, con il pennello, con il cesello, o con le pinze, esse hanno saputo “modificare la natura del tempo”. Per dirla ancora con Boggia, la loro arte si traduce in un “sorpasso di coscienza” e si fa “meraviglia che supera ogni definizione estetica, politica, sociologica, semantica”.
Visitare questa Mostra è come fare un tuffo nella personalità di due grandi geni dell’Arte del Novecento, per condividerne le più intime emozioni e l’innato senso di libertà.